Microinfusore….macrorisultati!

Maggiore flessibilità e qualità della vita, certo… ma il microinfusore ha anche delle indicazioni cliniche specifiche. È infatti la terapia di elezione in caso di marcati sbalzi glicemici (ipoglicemie, fenomeno alba), ridotta sensibilità all’ipoglicemia, gastroparesi, bassi fabbisogni insulinici, allergia all’insulina e lipodistrofia.

Dimentichiamo per un attimo le ricadute positive che la terapia insulinica con microinfusore ha sulla qualità della vita della persona con diabete di tipo 1, e concentriamoci sugli aspetti clinici. È una distinzione arbitraria sia perché tra gli obiettivi clinici c’è proprio quello di garantire una buona qualità di vita sia perché una terapia faticosa e rigida viene, per forza di cose, seguita in maniera diversa da una comoda e flessibile.
Tuttavia è possibile isolare quelle, che gli addetti ai lavori chiamano ‘indicazioni specifiche’ della terapia insulinica con microinfusore, e lo possiamo fare con Michele Aragona, giovane diabetologo con una vita di studio e di lavoro tutta all’ombra della Torre di Pisa, in una delle strutture più avanzate del mondo per lo studio e la cura del diabete, diretta dal professor Stefano Del Prato.

Parlando sotto il profilo strettamente clinico, quando è il caso di proporre il microinfusore al posto della terapia multi-iniettiva tradizionale?
Il microinfusore si può utilizzare tutte le volte che la terapia multi-iniettiva non raggiunge l’obiettivo glicemico. Nel concetto di ‘obiettivo’ ricadono diversi aspetti. Il più importante è sicuramente l’equilibrio glicemico medio così come espresso dalla emoglobina glicata. Lo stesso NICE (National Institute for Clinical Excellence), il severo ente inglese che controlla l’efficacia delle terapie e contribuisce a definire le Linee guida per la loro applicazione nel Regno Unito, consiglia il microinfusore là dove con la terapia multi-iniettiva si supera il 7,5% di emoglobina glicata, ma anche dove si supera il 6,5% in presenza di complicanze d’organo. Attenzione, però: questo vale solo se siamo sicuri che la terapia multi-iniettiva è stata condotta nel migliore dei modi!

Cosa intende dire?
In poche parole, prendendo in esame il solo punto di vista clinico, l’algoritmo decisionale potrebbe essere: quali sono gli obiettivi glicemici per il nostro paziente? Sono raggiunti con la terapia multi-iniettiva? E se non li raggiunge, questo è dovuto a una scarsa efficacia della terapia multi-iniettiva o a un deficit di conoscenze, di motivazione e/o di compliance da parte del paziente?

In concreto?
In concreto tutti i pazienti in terapia insulinica intensiva, sia multi-iniettiva sia infusionale continua con microinfusore, dovrebbero condurre un accurato automonitoraggio domiciliare della glicemia e dovrebbero essere messi in condizione, da parte del diabetologo, di prendere delle decisioni sia sulla base del dato glicemico sia sulle scelte che stanno per compiere in termini di alimentazione ed esercizio fisico. A tale proposito è utile conoscere una delle tecniche di pianificazione alimentare come il conteggio dei carboidrati o l’uso delle liste di scambio. A questo punto, quando il paziente in terapia multi-iniettiva – nonostante tutti gli sforzi profusi e uno schema di terapia insulinica che, qualora necessario, preveda l’uso di analoghi sia ad azione ultrarapida sia ad azione lenta – non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati, quel paziente potrà diventare un ottimo candidato alla terapia infusionale continua con microinfusore. È comunque importante sottolineare il fatto che per ‘obiettivo glicemico’ non va inteso solo il raggiungimento di un determinato valore di emoglobina glicata, in quanto tale parametro ci racconta solo una parte della storia. Non dà, infatti, informazioni né sulla frequenza e gravità delle ipoglicemie né sulle oscillazioni della glicemia stessa, parametri sicuramente importanti per definire un buon controllo glicemico e, come segnalato in letteratura, parametri modificabili positivamente con l’uso del microinfusore.

Quindi?
Quindi dire che il microinfusore mediamente fa ‘guadagnare’ un punto o un punto e mezzo di glicata significa prendere in esame solo uno degli aspetti positivi legati all’uso di tale forma di terapia. Il microinfusore, infatti, contribuisce nettamente a ridurre sia il numero e la gravità delle ipoglicemie sia l’entità dei ‘picchi’ iperglicemici e, in ultima analisi, le oscillazioni della glicemia.

Possiamo quindi elencare fra le indicazioni per il microinfusore la presenza di ipoglicemie frequenti o acute?
Sicuramente. È vero che le terapie iniettive del tipo basal/bolus accompagnate dall’intensificarsi dell’educazione terapeutica ci aiutano in questo, ma la terapia con microinfusore ottiene comunque risultati migliori. Tanto è vero che un’altra indicazione clinica della terapia è la presenza di episodi ipoglicemici non avvertiti. La cosiddetta ‘Hypoglicemia unawareness’.

Di cosa si tratta?
Molte persone, proprio perché hanno avuto molte ipoglicemie, ‘si abituano’, per così dire, ai sintomi che precedono la crisi ipoglicemica e perfino a quelli che la caratterizzano, e poi non li avvertono più. Questo può portare a una situazione clinica molto grave caratterizzata da valori glicemici estremamente bassi associati a perdita di lucidità mentale, incapacità a coordinare i movimenti compreso l’atto di deglutire, fino all’estrema conseguenza del coma. È quindi una situazione potenzialmente pericolosa che per fortuna può essere contrastata con la terapia infusionale continua con microinfusore. In questi casi, infatti, l’uso del microinfusore permette di ridurre la frequenza di tutte le ipoglicemie, lievi e severe, e se, per alcuni mesi, il paziente viene mantenuto con glicemie leggermente più alte e non ha nessuna ipoglicemia o ne ha un numero ridotto, la sensibilità all’ipoglicemia può essere riacquistata, e il paziente riprende ad avvertire i prodromi delle crisi. In alcuni casi abbiamo utilizzato un microinfusore per raggiungere questo fine con ottimi risultati.

E per quanto riguarda il ‘fenomeno alba’?
Rimane una delle indicazioni principali. Per ‘fenomeno dell’alba’ si intende il rialzo glicemico nelle prime ore del mattino, correlato alla produzione di ormoni con azione iperglicemizzante (cortisolo e GH). In parte una terapia multi-iniettiva ben disegnata, utilizzando l’analogo ad azione lenta (glargina) aiuta a ridurre questo fenomeno, ma sicuramente la possibilità di creare un profilo basale che riesce a mimare al meglio la funzione endocrina del pancreas e a far fronte a una maggiore richiesta insulinica in quelle ore è uno dei plus del microinfusore.

Altre indicazioni cliniche che consigliano l’uso del microinfusore?
Sicuramente i casi in cui il fabbisogno di insulina è molto basso, diciamo sotto le 20 unità al giorno. In queste persone basta mezza unità di troppo per scatenare una ipoglicemia, e con le iniezioni non è facile né possibile raggiungere questa precisione. I microinfusori, al contrario, permettono di definire boli e basali nell’ordine del decimo di unità.

Ci sono poi persone che hanno problemi di digestione…
Certamente, una delle manifestazioni della neuropatia autonomica è la gastroparesi che rallenta lo svuotamento dello stomaco. In pratica la persona impiega molto tempo a digerire, per cui il rialzo glicemico legato ai carboidrati del pasto non viene registrato dopo 1,5-2 ore, come avviene normalmente, ma molto più tardi. Ciò, con la terapia multi-iniettiva, può essere causa di ipoglicemie post-prandiali e iperglicemie dopo alcune ore dal pasto. I microinfusori, invece, con le loro funzioni avanzate (il bolo doppio o prolungato e il bolo a onda quadra) riescono a garantire una corretta insulinizzazione post-prandiale. Un’altra indicazione all’uso del microinfusore è l’allergia all’insulina. Nei rari casi in cui si determina una reazione allergica all’insulina o ai suoi eccipienti, la reazione allergica è tanto maggiore quanto maggiore è la quantità d’insulina inoculata. Inoltre le insuline che maggiormente determinano reazioni allergiche sono quelle ad azione intermedia NPH, dove l’allergene è rappresentato dalla protamina (molecola utilizzata per rallentare l’azione dell’insulina). Pertanto il microinfusore, utilizzando l’analogo ultrarapido (lispro o aspart), che già di per sé determina meno frequentemente reazioni allergiche, è in grado di somministrare piccole quantità d’insulina con un deposito sottocutaneo minimo, e non prevedendo l’utilizzo delle insuline intermedie riesce a risolvere queste problematiche. Un’altra condizione clinica che può trarre beneficio dall’utilizzo del microinfusore è la presenza di lipodistrofia. La lipodistrofia è una reazione anomala all’insulina da parte del grasso sottocutaneo che può amentare (lipoipertrofia) o ridursi (lipoipotrofia). Anche questo fenomeno è tanto più evidente quanto maggiore è il deposito sottocutaneo di insulina. Per cui, per le stesse motivazioni appena dette, la terapia infusionale continua con microinfusore può ridurre l’entità della lipodistrofia.

In linea generale che cosa ci si può attendere dalla terapia con microinfusore?
Possiamo dire che il microinfusore – se utilizzato da una persona ben formata e motivata – è il gold standard della terapia insulina intensiva. Possiamo quindi attenderci il meglio. Non a caso viene utilizzato ogniqualvolta è imperativo ottenere uno stretto controllo glicemico, pensiamo al caso della donna con diabete che programma una gravidanza.

 

 

 

 

da www.microinfusori.it

24 giugno 2006