Le 10 cose da sapere sulla metformina, antidiabetico con 60 anni di vita ma che non cessa di stupire

La metformina è un farmaco ipoglicemizzante disponibile da molti decenni e rimane il più prescritto a livello mondiale per il trattamento del diabete di tipo 2. Ancora oggi è il medicinale che le linee guida statunitensi ed europee raccomandano come terapia di prima linea per il diabete e per la prevenzione nei prediabetici. Abbiamo pensato che potesse essere utile fare il punto su questa molecola, tutt’ora insuperata, anche perché negli ultimi anni gli studi hanno rilevato numerosi altri possibili benefici terapeutici in diverse altre patologie.

Cos’è la metformina
È un antidiabetico orale utilizzato nel trattamento del diabete di tipo 2 che appartiene alla classe delle biguanidi, dei quali è l’unico esponente disponibile in Italia.

La classe dei biguanidi origina dalla “Galeca Officinalis” una pianta nota da diversi secoli nel ridurre i sintomi del diabete mellito. Alla fine dell’800 si scoprì che contiene un composto alcalino simile all’urea, la “guanidina“, ma, in quanto epatotossica, nel secondo dopoguerra vennero selezionati altri composti tra cui la metformina. Nel 1957 fu pubblicato il primo studio sulla metformina da parte di Jean Sterne, un medico dell’Ospedale Laennec di Parigi. Il medico francese la chiamò Glucophage (mangiatore di zucchero).

È stata commercializzata per la prima volta nel 1961, ma non ricevette l’approvazione della Fda fino al 1994. Nel 2011 è stata inclusa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella lista dei farmaci essenziali.

In commercio esistono numerosi medicinali a base di metformina, sia come unico principio attivo sia in associazione ad altri antidiabetici orali come glitazoni, sulfoniluree, inibitori della dipeptidil-peptidasi 4 (DPP-4) e inibitori del trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2). Può anche essere utilizzata in associazione a insulina.

I medicinali a base di sola metformina sono vendibili al pubblico dietro presentazione di ricetta medica ripetibile (RR), ed essendo classificati come farmaci di fascia A possono essere dispensati a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Alcune associazioni richiedono invece la presentazione di una ricetta medica ripetibile limitativa (RRL) da parte di centri ospedalieri o di specialisti.

Come agisce
La metformina agisce modulando il metabolismo degli zuccheri presenti nell’organismo senza agire sulle cellule beta pancreatiche responsabili della secrezione di insulina, garantendo un buon controllo sia della glicemia basale che di quella post-prandiale e riducendo al minimo il rischio di incorrere in episodi di ipoglicemia. Inoltre riduce l’assorbimento intestinale, riduce la produzione epatica di glucosio e ne favorisce l’utilizzo nei tessuti periferici, specialmente nei muscoli e nel tessuto adiposo.

Agisce probabilmente attraverso tre meccanismi differenti:

  1. riduzione della produzione epatica di glucosio attraverso l’inibizione della gluconeogenesi e della glicogenolisi
  2. nel muscolo, mediante l’aumento della sensibilità all’insulina e il miglioramento dell’uptake e dell’utilizzo del glucosio a livello periferico
  3. allentamento dell’assorbimento del glucosio a livello intestinale

Stimola la sintesi intracellulare del glicogeno mediante l’azione sulla glicogeno-sintasi, migliora la capacità di trasporto di tutti i tipi di trasportatori di membrana del glucosio noti al giorno d’oggi (GLUTS). Negli studi clinici il maggior effetto non glicemico della metformina è stabilizzazione o modesta perdita del peso corporeo.

Nell’uomo, indipendentemente dalla sua azione sulla glicemia, la metformina ha un effetto favorevole sul metabolismo lipidico riducendo il livello del colesterolo totale, del colesterolo LDL e dei trigliceridi.

Indicazioni terapeutiche
La metformina è indicata nel trattamento del diabete mellito di tipo 2 negli adulti, in particolare nei pazienti in sovrappeso quando il regime dietetico e l’attività fisica da soli non consentono un controllo adeguato della glicemia.

  • Negli adulti può essere impiegata come monoterapia, oppure in combinazione con altri antidiabetici orali o con l’insulina.
  • Nei bambini da 10 anni di età e negli adolescenti può essere impiegata come monoterapia o con l’insulina.

Nei pazienti in sovrappeso con diabete di tipo 2, trattati con metformina come terapia di prima linea dopo il fallimento del regime dietetico, è stata riscontrata una riduzione delle complicanze del diabete.

Posologia e somministrazione negli adulti con funzione renale normale
Monoterapia e combinazione con altri antidiabetici orali
La dose iniziale abituale varia tra 500 mg (1/2 compressa da 1.000 mg) e 850 mg di metformina cloridrato 2 o 3 volte al giorno, durante o dopo i pasti.

Dopo 10 – 15 giorni, si consiglia di modificare la dose in rapporto ai livelli glicemici. Un lento aumento della dose può migliorare la tollerabilità gastrointestinale. La dose giornaliera massima consigliata corrisponde a 3 g di metformina cloridrato, da assumere in 3 dosi separate.

Se si intende iniziare il trattamento con metformina dopo una terapia con un altro antidiabetico orale è necessario interrompere l’assunzione dell’altro antidiabetico e iniziare il trattamento con metformina cloridrato alla dose indicata.

Combinazione con insulina
Metformina cloridrato e insulina possono essere prescritte insieme, al fine di ottenere un migliore controllo della glicemia. Metformina cloridrato viene somministrata alla dose iniziale abituale di 500 mg (1/2 compressa da 1.000 mg) e 850 mg di metformina cloridrato due o tre volte al giorno, mentre il dosaggio dell’insulina verrà stabilito in base ai livelli glicemici.

Posologia e somministrazione in bambini e adolescenti
Monoterapia e combinazione con insulina
Nei bambini a partire dai 10 anni di età e negli adolescenti la dose iniziale abituale varia tra 500 mg (1/2 compressa da 1.000 mg) e 850 mg di metformina cloridrato una volta al giorno, durante o dopo i pasti.

Dopo 10 – 15 giorni, si consiglia di modificare la dose in rapporto ai livelli glicemici. Un lento aumento della dose può migliorare la tollerabilità gastrointestinale. La dose giornaliera massima consigliata di metformina cloridrato è di 2 g, da assumere in 2 o 3 dosi separate.

Farmaco sicuro con ampia esperienza d’uso
Sessant’anni di esperienza clinica e di dati sperimentali non hanno prodotto quasi nessun problema di sicurezza per la metformina. La principale eccezione riguarda l’aumento subclinico dell’acido lattico e la possibilità di causare acidosi lattica in caso di sovradosaggio estremo. L’uso di metformina è stato scoraggiato nei pazienti con fattori di rischio per acidosi lattica, tra cui insufficienza epatica, insufficienza cardiaca e malattia renale cronica (CKD), ma l’esperienza in corso indica che il suo uso non è sicuro solo per un sottogruppo relativamente piccolo di pazienti con grave disfunzione epatica, cardiaca o renale.

Buona tollerabilità, migliorata ulteriormente dalle recenti formulazioni
Il farmaco è generalmente ben tollerato. Solo in alcuni pazienti comporta problemi di tollerabilità con nausea, raramente vomito e più spesso diarrea (10-20% dei casi). Per ovviare questi eventi avversi è possibile titolare il farmaco riducendo la dose oppure ricorrere a nuove formulazioni che consentono un rilascio graduale e prolungato della molecola per 12 ore, evitano i picchi e migliorano decisamente la tollerabilità. Le formulazioni a rilascio prolungato hanno dimostrato un dimezzamento (-53%) di questo tipo di effetti collaterali e in particolare una riduzione del 77% della diarrea. Il beneficio si ottiene anche passando dalla versione tradizionale a quella a lento rilascio.

La conclusione di uno studio pubblicato su JAMA nel 2019 è che «la metformina si conferma un buon trattamento farmacologico di prima linea per il diabete di tipo 2 nella maggior parte dei pazienti. Gli effetti avversi sono comuni ma possono essere mitigati da un’attenta titolazione della dose, una buona comunicazione con i pazienti e l’uso di formulazioni a rilascio prolungato. I solidi dati sulla sicurezza e il basso costo rappresentano dei vantaggi significativi rispetto alle alternative».

Può essere usata in associazione con altri antidiabetici?
La metformina può essere associata a qualsiasi altro farmaco indicato nella terapia del diabete di tipo 2. La classe preferibilmente associabile è quella degli SGLT2 inibitori, che riducono il picco glicemico post-prandiale senza agire sulla secrezione di insulina e aumentando l’eliminazione renale del glucosio. Allo stesso modo sono associabili gli inibitori dell’enzima DPP-4 e i GLP-1 agonisti, che agiscono entrambi aumentando la secrezione insulinica regolata dall’aumento dei livelli di glucosio e non provocano ipoglicemia.

Se viene diagnosticato il diabete di tipo 2 in un paziente che presenta glicemia a digiuno e valori di emoglobina glicata nell’intervallo corretto, ma modestamente elevati, di norma la terapia iniziale prevede un solo farmaco. Se invece i valori glicemici sono molto elevati le attuali evidenze rendono consigliabile iniziare la terapia con una combinazione di due farmaci.

Potenziale riduzione del rischio cardiovascolare nel paziente diabetico
Lo studio UKPDS ha rilevato che i pazienti diabetici in trattamento con metformina mostravano una riduzione significativa di ogni conseguenza correlata alla malattia diabetica, per decessi dovuti alla malattia diabetica, per tutte le cause di mortalità e per ictus rispetto al gruppo sottoposto a terapia convenzionale. Successivi trial clinici controllati hanno confermato che nei pazienti trattati con metformina si osservava una significativa riduzione del rischio cardiovascolare.

Un farmaco che potrebbe rivelarsi utile anche in altre patologie
Potenziale riduzione dell’incidenza di artrosi
Uno studio di recente pubblicazione suggerisce che l’impiego di metformina potrebbe associarsi a una riduzione dell’incidenza di artrosi. Coloro che assumevano metformina hanno fatto registrare un rischio di insorgenza di artrosi inferiore del 24% rispetto a quanti assumevano una sulfonilurea come trattamento per il diabete ( hazard ratio aggiustato, aHR, 0,76).

Potenziale rallentamento della progressione dell’artrosi
I pazienti con diabete di tipo 2 e uso regolare di metformina hanno dimostrato un potenziale rallentamento della progressione dell’artrosi del ginocchio. Oltre ai suoi effetti ipoglicemizzanti nel diabete di tipo 2, la metformina modula anche fattori infiammatori e metabolici, con conseguente riduzione dei livelli di infiammazione e lipidi plasmatici. Può infatti sopprimere l’espressione dell’mRNA della ciclossigenasi-2 (COX-2) e dell’ossido nitrico sintasi (iNOS) con una modalità dose-dipendente.

«Il suo meccanismo sulla riduzione dell’intensità del dolore in molti disturbi infiammatori è spiegato dai suoi effetti inibitori a livello di alcuni mediatori pro-infiammatori, che riducono il livello di citochine infiammatorie tra cui TNF-α, interleuchina (IL)-1, IL-6, IL-10 e adipochine» hanno scritto gli autori di uno studio.  «La soppressione di COX-2 e iNOS riduce anche i livelli di NO e PGE2 nei terreni di coltura cellulare. Questo effetto antinfiammatorio e antiossidante sul tessuto articolare sinoviale può ridurre il dolore in base alla regolazione metabolica dell’infiammazione nell’artrosi».

Potenziale ruolo nella prevenzione del long-Covid
Secondo uno studio pubblicato su Lancet, la metformina sembra svolgere un ruolo importante nella prevenzione del long-Covid se assunta precocemente durante l’infezione da Covid-19.

Tra i partecipanti con una diagnosi di long-Covid, ha sviluppato la sindrome il 6,3% di quanti hanno assunto metformina rispetto al 10,6% di coloro che sono stati sottoposti a placebo. La riduzione del rischio con metformina è stata del 42% rispetto al placebo, un risultato coerente tra i sottogruppi, incluso lo stato di vaccinazione e le diverse varianti del virus.

Quando la metformina è stata iniziata meno di 4 giorni dopo l’inizio dei sintomi del Covid l’effetto è stato potenzialmente ancora maggiore, con una riduzione del 64%, rispetto a solo il 36% tra quanti hanno iniziato il trattamento dopo almeno 4 giorni dai primi sintomi.

Potenziale ritardo dell’insorgenza della malattia di Parkinson
I pazienti che assumono farmaci antidiabetici sviluppano la malattia di Parkinson mediamente 6 anni dopo rispetto alle persone che non assumono gli stessi medicinali, secondo i risultati di uno studio condotto dal Centro Parkinson e parkinsonismi dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano.

Viene suggerita una proprietà neuroprotettiva dei farmaci antidiabetici e si apre alla prospettiva di somministrare tali medicinali, come la metformina, che possono essere assunti anche da persone non diabetiche ma predisposte a sviluppare la malattia di Parkinson, con l’obiettivo di ritardarne l’insorgenza. I dati raccolti sono ritenuti molto significativi e spingono a valutare non solo la capacità preventiva degli antidiabetici ma anche il loro ruolo nel ridurre la progressione del Parkinson quando è già insorto.

Evidenze nei pazienti con tumore
L’uso della metformina in patologie tumorali costituisce un impiego off-label. Studi epidemiologici suggeriscono che pazienti diabetici in trattamento con metformina potrebbero avere una prognosi di eventuali tumori migliore rispetto ai non diabetici o sottoposti ad altre terapie. La capacità della metformina di bloccare la proliferazione delle cellule staminali tumorali dipenderebbe dall’inibizione dell’attività della proteina Clic1 (chloride intracellular channel 1) che forma un canale del cloro ed è presente nella membrana nelle cellule staminali tumorali nelle fasi iniziali della duplicazione cellulare.

Alcune metanalisi riportano un rischio inferiore di cancro della mammella nei soggetti diabetici trattati con metformina, mentre in diversi studi in vitro, pre-clinici e clinici il farmaco sembrerebbe efficace come antitumorale in combinazione con la chemioterapia o la radioterapia in diverse forme di cancro mammario. 

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