La Retinopatia Diabetica

Nelle sue varie forme, il diabete mellito colpisce il 2-5% della popolazione europea. In particolare, il diabete mellito tipo 1, caratterizzato dalla assenza o, comunque, marcata riduzione della secrezione insulinica endogena, rappresenta circa il 10% dei casi di diabete, mentre il diabete tipo 2, caratterizzato da una variabile associazione di ridotta secrezione pancreatica dell’ormone e resistenza periferica all’azione dell’insulina, rappresenta circa il 90% di tutti i casi di diabete.

Un’ indagine ISTAT eseguita in Italia negli anni 1987-91 ha stimato in circa 2.000.000 il numero dei pazienti diabetici presenti nel nostro Paese (3%). A questa quota deve poi essere aggiunto il numero delle persone che sono affette da diabete mellito senza saperlo (stimabile in oltre 1.000.000). Il costo sociale, diretto e indiretto del diabete mellito è enorme: circa 20 miliardi di dollari per anno negli Stati Uniti.

In alcuni paesi occidentali, quali il Regno Unito e la Francia, circa il 5% della spesa sanitaria è destinato alla terapia del diabete e delle sue complicanze. In Italia stime recenti riportano una spesa annuale per cure e ricoveri correlati al diabete mellito pari a circa 17 mila miliardi. Sebbene sia relativamente facile, con i mezzi terapeutici comunemente usati (dieta, esercizio fisico, ipoglicemizzanti orali, insulina), mantenere la glicemia entro limiti tali da non causare alcun particolare sintomo, è tuttavia emerso con chiarezza negli ultimi anni che anche livelli di iperglicemia modesta sono significativamente associati con lo sviluppo delle complicanze croniche (micro-e/o macroangiopatiche) della malattia.

Stime recenti riportano che, dopo 20-30 anni di malattia, circa il 70% dei pazienti affetti da diabete mellito tipo 1 ha sviluppato un qualche grado di retinopatia e che, dopo 10-15 anni, circa il 40% dei pazienti presenta nefropatia. La retinopatia e la nefropatia diabetiche rappresentano le principali cause, rispettivamente, di cecità e uremia nei pazienti di età inferiore ai 50 anni.

Epidemiologia della retinopatia diabetica

Nell’ambito delle complicanze del diabete la retinopatia si colloca al primo posto e la sua prevalenza e severità sono strettamente correlate alla durata della malattia ed al grado del controllo metabolico.

In epoca pre-laser, dopo 40 anni di diabete mellito tipo 1, il 16% dei pazienti aveva un visus inferiore a 1/10 e un altro 14% necessitava della lente di ingrandimento per leggere il giornale. Almeno il 30-50% dei pazienti affetti da diabete mellito risulta affetto da un qualche grado di retinopatia diabetica che, a sua volta, è ad alto rischio nel 10% dei casi. Ogni anno, negli USA, circa 250.000 diabetici sviluppano retinopatia ad alto rischio. Si può ragionevolmente affermare quindi che da 30.000 a 50.000 diabetici italiani/anno si trovano nelle stesse condizioni.

In Italia risulta che la retinopatia sia la seconda causa di cecità nella popolazione generale, preceduta dalla cataratta e seguita dalla miopia. Se l’analisi viene limitata all’intervallo di età 20-70 anni la retinopatia rappresenta la prima causa di cecità. Circa il 13% dei casi di cecità legalmente riconosciuta sono da attribuirsi a retinopatia diabetica.

La retinopatia è rara nei primi 2-3 anni dalla diagnosi nei pazienti con diabete tipo 1, mentre nei pazienti con diabete tipo 2, una proporzione consistente (fino al 30%) presenta retinopatia già al momento della diagnosi. Questo fatto è legato alla presenza, in quest’ultimi, di iperglicemia già molto tempo prima della diagnosi.

Controllo metabolico e retinopatia diabetica

Una grande quantità di studi ha ormai dimostrato in maniera inconfutabile il fondamentale ruolo eziopatogenetico dell’iperglicemia cronica nello sviluppo e nella progressione delle complicanze croniche nei pazienti affetti da diabete mellito. Da ciò consegue che il mantenimento della glicemia ad un livello il più possibile prossimo ai valori di normalità, fin dall’esordio del diabete, è condizione insostituibile per prevenire la comparsa e la progressione delle complicanze micro e macroangiopatiche.

Storia naturale della retinopatia diabetica

La storia naturale della retinopatia diabetica passa attraverso 5 fondamentali eventi patologici:

  1. formazione di microaneurismi
  2. aumentata permeabilità vascolare
  3. occlusione vascolare
  4. formazione di neovasi e proliferazione di tessuto fibroso sulla superficie della retina e del disco ottico
  5. retrazione del tessuto fibroso e del vitreo

Alla base della retinopatia diabetica si riscontra un diffuso danno dei capillari retinici, a carico dei quali si può riscontrare ispessimento della membrana basale dell’endotelio, deposizione di materiale ialino e sclerosi della parete con perdite di periciti in numerosi tratti dei capillari.

L’occlusione vascolare e l’aumentata permeabilità vascolare vengono ritenute le principali vie patogenetiche delle alterazioni retiniche. Le occlusioni vascolari causano aree di non perfusione retinica e dilatazioni focali e generalizzate dei vasi ancora pervi. Le dilatazioni focali assumono l’aspetto di microaneurismi, che spesso circondano le aree di non perfusione. I vasi dilatati sono fragili e permeabili alle molecole circolanti facilitando così la formazione di emorragie e la fuoriuscita di lipidi e colesterolo fra le fibre nervose della retina, con formazione di essudati duri, a margini netti, di color giallo-brillante, mentre in corrispondenza delle aree ischemiche e delle zone infartuali si producono lesioni dall’aspetto cotonoso, bianco-grigiastre e a margini sfumati: i cosiddetti “cotton wools”. Queste lesioni configurano il quadro della retinopatia background o non proliferante. Quando emorragie retiniche multiple si associano a lesioni cotonose ed irregolarità del decorso venoso con dilatazioni segmentarie e formazione di anse (venous beadings e loops) siamo di fronte ad una retinopatia pre-proliferante. Nelle fasi più evolute della malattia l’ischemia ingravescente è responsabile di una eccessiva risposta neovascolare con formazione di capillari a partenza dai vasi venosi della papilla o dalla retina periferica, neovasi che essendo molto fragili tendono a sanguinare facilmente, dando luogo ad emorragie preretiniche. I neovasi e le emorragie sono seguiti dallo sviluppo di tralci fibrosi, che per effetto della trazione esercitata sulla retina ne possono causare il distacco, portando così alla perdita permanente del visus.

La retinopatia diabetica viene clinicamente distinta in due stadi:

  1. Retinopatia non proliferante (lieve, moderata o severa);
  2. Retinopatia proliferante.

In aggiunta, l’edema maculare può essere presente in ognuno di questi stadi. Il primo stadio puo’ a sua volta essere distinto in 3 sottogruppi:

  1. Lieve;
  2. Moderato;
  3. Severo.

Una accurata stadiazione della forma non proliferante è estremamente importante poichè la progressione verso la forma proliferante è strettamente correlata con il grado di severità del quadro non proliferante.

Il secondo stadio (Retinopatia diabetica proliferante) è definito dalla comparsa di neovasi della retina e/o del disco ottico, da proliferazioni fibrovascolari ed emorragie vitreali.

Una cosa molto importante da tenere presente è che lesioni a carico della retina possono essere presenti senza che venga causato alcun disturbo visivo. Alterazioni della vista si manifestano solo quando viene interessata la macula (sede appunto della visione distinta). Ecco perché è importante che un soggetto affetto da diabete mellito si sottoponga a regolari controlli del fondo oculare.

Con quali strumenti può essere valutato il fondo oculare?

  1. L’oftalmoscopia diretta consente una buona valutazione del fondo oculare, anche se tale metodica non consente la valutazione della parte più periferica della retina.
  2. La fotografia del fondo oculare (retinografia) consente di avere, per ogni paziente, una documentazione delle immagini retiniche; in tal modo è possibile confrontare le immagini tra loro e valutare l’effetto di un eventuale trattamento.
  3. L’oftalmoscopia binoculare indiretta consente di esplorare il 100% della superficie retinica e individuare le zone che necessitano di una più approfondita valutazione.
  4. La fluorangiografia retinica, eseguita mediante iniezione endovenosa di fluoresceina sodica e fotografie sequenziali del fondo oculare, consente di valutare eventuali alterazioni morfo-funzionali dei vasi retinici.

Come si cura la retinopatia diabetica?

Come per ogni malattia, in principal modo se è cronica come il diabete, la miglior cura è rappresentata dalla prevenzione. Il paziente con diabete mellito deve eseguire uno scrupoloso automonitoraggio della glicemia mediante sticks adattando in tal modo la terapia in atto (dieta, ipoglicemizzanti orali, insulina) ed eseguire regolari controlli presso un Servizio di Diabetologia in modo da mantenere un buon controllo glicemico, con valori di emoglobina glicosilata (HbA1c) prossimi ai valori di normalità. Allo stesso modo deve tenere sotto stretto controllo tutti quei fattori che potrebbero contribuire a peggiorare la situazione retinica (ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta, dislipidemie).

Nel momento in cui la retinopatia diabetica si è sviluppata ed ha raggiunto un grado tale da richiedere un intervento terapeutico mirato, la laser-terapia è l’unico presidio (soprattutto se eseguito precocemente) in grado di rallentarne o prevenirne la progressione. Il laser è un dispositivo in grado di emettere un raggio di luce (verde, rosso, infrarosso) che, diretto sulle lesioni retiniche che vogliamo trattare, mediante effetto termico, le coagula e chiude. La Fotocoagulazione può essere focale: in questo caso spot di vari micron di diametro vengono indirizzati verso le zone che all’esame fluorangiografico appaiono essere le responsabili della diffusione del colorante. La Fotocoagulazione può essere a griglia: in questo caso l’area da trattare è estesa e per questo motivo il trattamento viene condotto mediante spot non confluenti disposti a griglia. Non dobbiamo dimenticare che il trattamento laser nel caso venga condotto in presenza di retinopatia proliferante consente di combattere i fattori responsabili della neo-angiogenesi. La fotocoagulazione può essere poi estesa a tutta la retina (fotocoagulazione panretinica).

Nei casi in cui la retinopatia sia particolarmente evoluta, le emorragie abbiano interessato il Vitreo e i processi fibro-proliferativi determinino trazioni sul piano retinico, può essere preso in considerazione l’intervento di vitrectomia.

 

 

 

Alberto Coppelli, Michele Aragona, Rosa Giannarelli

Da: http://server.immr.med.unipi.it/retinopatia_diab.htm