IV congresso sui trapianti al San Raffaele

Il Dipartimento di Scienze chirurgiche, diretto dal Prof. Carlo Staudacher, con il Programma Ricerca Strategica Trapianti, diretto dal Prof. Antonio Secchi ha organizzato il 18 maggio 2007, a Milano, presso l’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele il quarto incontro trapiantologico.

Nel programma sono stati inseriti gli aggiornamenti dell’attivita’ del Centro Nazionale Trapianti e del Nord Italia Transplants e nuovi argomenti di sicuro interesse per gli specialisti che propongono il trapianto a un paziente, a quelli che lo eseguono, a quelli che seguono il paziente nella delicata fase del post-trapianto.

Il Congresso ha inizio con il benvenuto dato dal Prof. Staudacher che si fa portatore di un messaggio espresso gia’ dal Prof. Pozza e dal Prof. Di Carlo, coloro che hanno posato la prima pietra del trapianto combinato rene-pancreas.

Il Prof. Staudacher fa rilevare come sia importante non solo l’entusiasmo che ognuno di loro ha messo nel proprio lavoro, ma anche il background professionale.
Ringrazia quindi Don Verze’, fondatore e presidente della Fondazione San Raffaele, per aver costruito un ospedale « per i medici e per i pazienti », in cui il medico possa dare il meglio al paziente.
Questa e’ stata, secondo il Prof. Staudacher, l’intuizione che poi e’ anche il messaggio di Don Verze’.
Altra intuizione felice di Don Verze’ e’ stata quella di legarsi all’Universita’, intesa come « tempio della conoscenza », per cui l’attivita’ clinica deve essere legata alla conoscenza.

Il Prof. Staudacher fa notare che in 27 anni e’ cresciuta non solo la struttura, ma e’ cresciuto anche l’impegno nel campo dei trapianti.

Prende la parola poi il Prof. Secchi che dopo aver ringraziato il Prof. Staudacher, ricorda l’importanza del trapianto di isole, una via pioneriestica che consente di sperimentare nuove terapie.
Commenta infine che nessun campo, come quello del trapianto, e’ influenzato da uno sforzo corale alle spalle.

Passa poi la parola al Prof. Alfredo Anzani che tratta gli aspetti etici del trapianto d’organo. « Trapianti di organo : aspetti etici »

Secondo lui nessuna professione e’ come quella del medico, che deve sempre tener presente la magna questio di Sant’Agostino « Quid est homo ? », perche’ non tutto cio’ che e’ tecnicamente possibile, e’ eticamente possibile.
L’uomo non e’ « mezzo », non si puo’ strumentalizzare, in questo modo si offenderebbe l’identita’, la dignita’ delle persone.E anche nel campo dei trapianti questi valori devono essere salvaguardati.
Cita il Cardinal Tettamanzi, per il quale « l’etica non e’ qualcosa di frenante, bensi’ qualcosa di liberante » e il filosofo prof. Cacciari che definisce « laico, ogni credente non superstizioso ».
L’etica e la scienza devono armonizzarsi, ci deve essere trasversalita’: no alla supersizione, no all’idolatria.

Il dr Luca Aldrighetti con la sua relazione « Emergenze chirurgiche nel paziente trapiantato » tratta quindi delle emergenze chirurgiche nel paziente trapiantato, definendo il trapianto d’organo « un’opzione terapeutica ».
Esiste naturalmente un rischio di complicanze post-chirurgiche, alcune correlate al trapianto (intervento chirurgico) stesso, altre non correlate al trapianto, con un’eziologia multifattoriale.

Nel trapianto di rene il dr Aldrighetti ricorda

•  le complicanze vascolari

•  la trombosi acuta

•  l’ematoma perineale

•  le complicanze urologiche (fistole, stenosi, complicanze infettive secondarie)

•  il linfocele

•  le complicanze della ferita

•  il rigetto

Per il trapianto di pancreas il dr Aldrighetti ricorda che e’ un intervento ad alto rischio chirurgico per le caratteristiche particolari dell’organo, ma anche del paziente, che in quanto diabetico, probabilmente avra’ macroangiopatia.

Cita quindi le complicanze

•  infiammatorie

•  pancreatite del graft

•  immunitarie (rigetto)

•  emorragiche

•  tromboliche (principale causa non immunologica di fallimento tecnico)

Tra i fattori di rischio fa notare esista una correlazione con l’eta’ del donatore.

L’aterosclerosi del ricevente e la condizione predialitica del ricevente sono anch’essi fattori di rischio importanti.

Vi sono poi delle complicanze NON correlate al trapianto, ma comunque possibili, come l’ulcera.
Pare vi siano dei fattori predisponenti nel paziente trapiantato, particolarmente un 30% in chi usi il MMF.

Poi le complicanze del FOREGUT

•  patologia biliare. La litiasi biliare e’ molto frequente ed e’ legata all’uso della ciclosporina che induce colestasi.

Che fare?
Le varie possibilita’ sono la bonifica pre-trapianto, una accurata sorveglianza post-trapianto, un intervento precoce (c’e’ insomma la « disputa » tra le tesi dell’astensionismo e dell’interventismo).

•  La pancreatite acuta e’ una complicanza rara, ma severa. Ci potrebbe essere un rapporto con la terapia immunosoppressiva in particolare con l’AZATIOPRINA.

•  La malattia diverticolare (associata alla malattia policistica) : la complicanza piu’ temibile della malattia diverticolare e’ la perforazione colica. E’ probabilmente favorita dall’immunosoppressione.

Prende poi la parola il Prof. Valerio Di Carlo che saluta e ringrazia i partecipanti al congresso, ricordando che il San Raffaele e’ diventato famoso nel mondo proprio grazie al programma di trapianto di pancreas e di isole.

Ringrazia il Prof. Pozza, cui dice di dover tutto, e ringrazia anche i suoi allievi.

Saluta il prof. Enzo Capocasale di Parma, ricordando quando arrivo’ al San Raffale, inviato dal prof. Botta « per imparare ».

E il prof. Capocasale lo ringrazia, e con lui il prof. Secchi, il prof. Staudacher e la dr Orsenigo per essere stato invitato.

Il prof. Di Carlo introduce poi la dr Paola Maffi, responsabile dell’ Unita’ Funzionale Medicina Trapianti, che presenta il «  Trapianto di isole : l’esperienza del San Raffaele ».

Il trapianto di isole fa omai parte della terapia del diabete di tipo 1.
Anche se storicamente il trapianto di isole inizia negli anni ’70, i risultati si hanno da una decina d’anni.

Il razionale del trapianto di isole e’ restituire la funzione endocrina pancreatica perduta a causa della malattia diabetica.

Come ? Isolando dal pancreas del donatore le betacellule, che, dopo essere state « trattate », verranno trapiantate nel ricevente.

Quale e’ dunque la differenza con il trapianto di organo ? Che non ha complicanze chirurgiche, che e’ ripetibile, e se fallisce non ci sono problemi.

La Dr Maffi cita il Prof. Camillo Ricordi che ha determinato la netta evoluzione del trapianto di isole, grazie alla cosiddetta Ricordi Chamber, che ha portato al miglioramento delle tecniche di isolamento.

Attualmente il trapianto di isole viene eseguito da 50 istituzioni (in Italia solo dal San Raffaele), e tra il 1999 e il 2006 sono stati trapiantati circa 600 pazienti in tutto il mondo, di cui solo nel 2005 quasi 200 (120 in Nord America, 70 in Europa).

Al San Raffaele sono 84 i pazienti trapiantati :

– 45 isole dopo trapianto di rene

– 8 simultanei rene-isole

– 31 solo isole

Quando si fa un trapianto di isole ?

Con il rene, quando il paziente non sia in grado di « sostenere » un intervento pesante come quello di pancreas e sia in insufficienza renale.
Solo isole quando vi sia una severa instabilita’ metabolica.

Per essere sottoposti a trapianto di sole isole un paziente diabetico di tipo 1 deve avere determinati requisiti :

  • età > 18 anni
  • durata di malattia (diabete tipo 1) > 5 anni
  • scompenso metabolico ( HbA1c > 8%) persitente anche dopo 6 sei mesi di terapia insulinica intensiva (3/4 somministrazioni/die, microinfusore)
  • frequenti episodi di ipoglicemia (DTX < 50)
  • ridotta sensibilità all’ ipoglicemia con rischio di coma ipoglicemico durante la normale attività quotidiana
  • iperglicemia con chetoacidosi condizionante ricoveri ospedalieri per più di 2 volte nell’ ultimo anno
  • peggioramento rapido di complicanze croniche quali: retinopatia, neuropatia

Tra i criteri sopra elencati l’età del paziente e la durata di malattia sono i primi a essere considerati per una prima valutazione di idoneità. Per quanto riguarda gli altri criteri, ne basta uno solo per essere ammessi alla lista di attesa.

Criteri di esclusione

  • età < 18 anni
  • durata di malattia (diabete tipo 1) < 5 anni
  • peso > 70 kg per le donne e > 75 per gli uomini
  • pregresse malattie neoplastiche maligne
  • recente (> 6 mesi) infarto del miocardio o evento vascolare acuto cerebrale
  • epatiti acute o croniche attive
  • TBC attiva in trattamento
  • Nefropatia diabetica (proteinuria > 300 mg/dL)
  • IRC non diabetica (creatinina > 1.5 mg/dL)
  • Malattie psichiatriche
  • Abuso di alcool o droghe
  • Progettazione di gravidanza o gravidanza in corso
  • malattie che condizionino l’ uso cronico di steroidi o anticoagulanti
  • screening negativo per il virus di Ebstein Barr

Il donatore ideale e’ un soggetto tra i 30 e i 55 anni di eta’, che sia stato brevemente in ospedale, con un pancreas “grasso”, con un BMI > 25. Questo e’ un dato importante perche’ si vede che non c’e’ “competizione” per l’allocazione degli organi rispetto ai trapianti di pancreas.

Quante isole devono essere trapiantate ? Il numero maggiore : almeno 10 mila isole / chilo.
Da un isolamento non si ottengono di solito molte isole, quindi per ogni trapianto occorrono circa 2 pancreas.

Vediamo la procedura :

Viene iniettata la collagenasi per distuggere la parte endocrina, ponendo il pancreas nella Ricordi Chamber. Le isole alla fine del trattatamento vengono controllate e viene effettuata la separazione della parte esocrina dalle isole.

Come si fa il trapianto : mediante un’infusione, in anestesia locale, si esegue una portografia.

Dopo l’infusione il paziente va trattato con terapia immunosoppressiva.

Se e’ un trapianto di isole dopo (con) rene, la terapia sara’ la stessa di quella del trapianto di rene.

La terapia del trapianto di isole isolate e’ diversa, perche’ non essendo un trapianto salva-vita vanno ben valutati i benefici e i rischi.

Si devono proteggere le isole dal rigetto e dalla recidiva della patologia autoimmune, ma bisogna anche evitare una terapia immunosoppressiva eccessiva.

Sono diversi i protocolli utilizzati, forse il piu’ conosciuto e’ quello di Edmonton (il San Raffaele ha eseguito 12 trapianti seguendo questo protocollo).

Il San Raffaele ha anche utilizzato un altro protocollo (10 casi), pre-trattando con Sirolimus i pazienti ed utilizzando la stessa terapia del protocollo di Edmonton , dopo.

Il Sirolimus ha un effetto antinfiammatorio al momento dell’infusione.

C’e’ poi un ultimo approccio immunosoppressivo, quello che si sta seguendo ultimamente (5 casi) e che si spera possa portare all’immunotolleranza e consiste nel pretrattare con il Sirolimus il paziente prima del trapianto, ed utilizzare Sirolimus, piu’ MMF e ATG dopo il trapianto. Le isole vengono infuse dopo la 1a somministrazione di ATG.

I dati fin qui ottenuti sono confortanti anche sulle complicanze: a 42 mesi si ha un miglioramento stabile della glicata.

E anche sulle complicanze croniche (retinopatia, neuropatia, complicanze cardiovascolari) si osserva un impatto positivo.

Tra le complicanze del trapianto di isole, su 50 trapianti, ci sono stati un aumento delle transaminasi (43), 2 trombosi, 1 fistola artero-venosa, 2 sanguinamenti : tutti gli eventi si sono risolti senza alcun intervento.
Le altre sono complicanze legate principalmente all’uso della Rapamicina, che si cerca di risolvere passando al MMF (afte, acne, dolori articolari, perdita di peso, amenorrea, CMV, insonnia….)

Ci sono dei problemi aperti : senz’altro quello del rigetto, perche’ non essendoci dei markers non si riesce a prevedere il fallimento del trapianto.

Bisogna capire cosa succede alle isole dopo che sono state trapiantate e il futuro potrebbe stare nella tecnica dell’IMAGING delle isole.

Per quanto riguarda l’immunosoppressione, il passaggio successivo e’ l’induzione alla tolleranza. Gia’ uno studio compiuto dalla Dr Battaglia del San Raffaele nel 2006 metteva il rilievo l’importanza dell’uso della rapamicina con l’interleuchina 10.
Oltre a ridurre i livelli di infiammazione, il trattamento blocca la reazione autoimmunitaria impedendo alle cellule T auto-aggressive di distruggere le isole pancreatiche. Infatti i due farmaci favoriscono l’azione di altri tipi di cellule T, ad azione regolatoria, che sopprimono quelle auto-aggressive.

La Dr Maffi ringrazia tutto il gruppo che collabora con lei, a cominciare dal Prof. Pozza e il Prof. Di Carlo che sono stati i precursori in questo campo, il Prof. Secchi, il Prof. Staudacher, i radiologi, i chirurghi, gli esperti di laboratorio e i colleghi del TIGET.

Prende poi la parola il Dr Diego Cantarovich dell’Universite’ de Nantes presentando una brillante relazione su « Trapianto di pancreas ed immunosoppressione ».

In realta’, sostiene il dr Cantarovich non esiste a tutt’oggi una terapia per il trapianto di pancreas e il fine ultimo sara’ la tolleranza.

Ogni centro, oggi, ha la « sua » terapia immunosoppressiva, ma…si puo’ fare di meglio ?
A Nantes si utilizza una terapia « preventiva » di rigetto (induzione) : ATG (siero antilinfociti), Timoglobulina.

Parla anche brevemente dei temuti effetti cancerogeni degli immunosoppressori « riconsiderandoli » : i dati sono confortanti (1,5%), in chi ha assunto ATG addirittura meno.

Anche l’eta’ pare abbia il suo peso (chi sia stato trapiantato dopo i 50 anni, si ammala di piu’ di chi e’ stato trapiantato piu’ giovane).

A Nantes, dice il dr Cantarovich gia’ negli anni 80 si sospendeva la terapia cortisonica dopo 2 mesi dal trapianto, dal ’98 non si usa proprio piu’  : il cortisone per il pancreas e’ vietato ! dice il dr Cantarovich, fornendo i dati di Nantes : 4% di rigetto senza utilizzare il cortisone, quindi assolutamente il linea con gli altri dati, anzi, in alcuni casi, migliore.

All’Alabama University, dove si utilizza il cortisone e Tacrolimus e MMF : 7%

Alla Columbus University , senza cortisone e Ciclosporina e Sirolimus : 9%

Alla Korea University , senza cortisone e Tacrolimus e MMF: 4%.

Tacrolimus e Ciclosporina sono quasi sovrapponibili, con una leggera preferenza per Tacrolimus (seppur piu’ diabetogeno)

Sull’uso della Rapamicina il dr Cantarovich e’ abbastanza netto: non andrebbe usata prima di 2 mesi dal trapianto, associata a MMF, perche’ puo’ dare complicanze.

L’obiettivo cui bisogna mirare ora e’ minimizzare la terapia senza troppo rischio per il paziente.

In caso di rigetto acuto, la sopravvivenza dell’organo e’ bassa. Per questo motivo la biopsia del pancreas andrebbe inclusa come procedura post-trapianto.

Al momento del trapianto, molto e’ nelle mani del medico che dovrebbe trapiantare SOLO un pancreas perfetto.
Sia il donatore che il ricevente non devono essere grassi.

Il Dr Cantarovich raccomanda l’uso dell’ATG e poi del MMF e del Tacrolimus (da preferire alla Ciclosporina).
Se proprio non si vuole « rinunciare » al cortisone, andrebbe sospeso dopo 3 mesi.

Insiste sul concetto che “la miglior terapia immunosoppressiva, quella cui puntare, sia … NON DARLA ! ”

Bisogna a questo scopo cercare dei markers che ci dicano se il paziente e’ troppo immunosoppresso, poco immunosoppresso, se… non gli serve la terapia.

Conclude poi presentando uno studio che sta svolgendo in collaborazione con il Prof. Ugo Boggi di Pisa ( PANCREA Study) che mira a chiarire se eseguire un trapianto di pancreas isolato, in diabetici con neuropatia e nefropatia iniziale, sia da preferire alla terapia insulinica.

A questo proposito gli viene chiesto se qualora cio’ fosse dimostrato, se ci potrebbere essere un problema di scarsita’ di organi : il dr Cantarovich dice che e’ impossibile. Oggi si prelevano pochi pancreas. Non c’e’ un problema di donazioni.

Intervengono poi il Dr Gabrielli del CNT mostrando i dati relativi all’attivita’ trapiantologica italiana, e il dr Cardillo mostrando il report dell’attivita’ del NITp.

Il dr Antonio Dell’Acqua tratta poi della donazione di organi in Lombardia: “ Il reperimento d’ organi a scopo di trapianto in Lombardia. Possiamo fare di piu’?

Termina la prima parte del congresso, il Dr Carlo Socci, con un’interessante lettura sul cross-over nei trapianti di rene: “Pair donation: validita’ della donazione cross-over“.

Partendo dal dato base che in Italia 40 mila persone sono in dialisi, e’ evidente che si debbano cercare fonti per implementare i trapianti di rene.

Se sono consentiti i trapianti da donatore vivente (consanguineo o non consanguineo), esiste pero’ un problema di incompatibilita’ tra donatore e ricevente.

Spesso infatti (il 30%) i pazienti in dialisi hanno antigeni anti HLA.

Con la tecnica del cross over si potrebbe cercare di implementare il numero di donatori.

Il programma e’ operativo dal gennaio 2007.

Sono evidenti i problemi:

si tratta di programmare 4 interventi contemporaneamente, ci sono aspetti giuridico legali da considerare.

Tutto va sottoposto al pretore che deve dare il nulla osta in 3 giorni.

Ci sono poi delle considerazioni etiche, vanno chiariti i requisiti, va garantito l’anonimato.

Ci saranno problemi legati alla logistica.

Insomma un’ipotesi interessante, una nuova sfida per migliorare la vita dei pazienti.

Dopo la pausa, la sessione pomeridiana e’ proseguita con un « Report del Vancouver forum » della Dr Elena Orsenigo, e un pro e contro il « prelievo laparoscopico del rene » del Dr Andrea Petrabissa di Pisa (pro) e della Dr Luisa Berardinelli di Milano (contro).

Il Dr Luciano De Carlis ha trattato il « Live liver donation : esperienza del centro di Niguarda »

Passando al trapianto di rene il Dr Francesco Paolo Schena di Bari ha tenuto la relazione su “Chronic allograft nephropathy », mentre la Dr Rossana Caldara del San Raffaele ha concluso parlando di « Trapianto di rene e gravidanza ».

Anche quest’anno un incontro di altissimo livello scientifico.

 

 

 

 

a cura di Daniela D’Onofrio

31 maggio 2007