#ISPAD2023: giorno 4. La cronaca e le considerazioni conclusive del Dr Andrea Scaramuzza

Ieri si è chiusa a Rotterdam la 49 edizione del congresso annuale della International Society for Pediatric and Adolescent Diabetes (#ISPAD2023), dando appuntamento al prossimo anno a Lisbona, in Portogallo.

Hanno partecipato al convegno di quest’anno 1623 delegati da 100 Paesi (la maggior parte di persona, alcuni virtualmente). Sono stati presentati 489 abstract in rappresentanza di 70 nazioni e hanno parlato 80 relatori di 24 Paesi, inclusa l’Italia.
Come si usa dire, un’edizione di successo, che come tale ha chiuso in maniera eclatante con un interessante dibattito fra terapia cellulare e immunomodulazione, precededuto da un excursus sullo stato dell’arte della prevenzione fatto da Antoinette Moran, ricercatrice statunitense, che ha parlato del futuro del trattamento del diabete tipo 1, che riassumendo molto è lo screening e la prevenzione (ricordate l’adagio, perché prevenire è meglio che curare, ecco …).
Il dibattito ha visto parlare per prima Linda Anne Di Meglio, dell’università dell’Indiana, che ha parlato di immunotetapia (incentrando il suo intervento sullo studio PROTECT e sull’uso di Teplizumab all’esordio) cui è seguita la bellissima e sempre equilibrata relazione di Lorenzo Piemonti che ha invece parlato di terapia cellulare.
Mi riservo con la Pillola di domani di dare la mia personale lettura del dibattito.
Dopo la sessione plenaria, ci sono stati i simposi in parallelo, uno sui migliori lavori pubblicati mel corso di questo anno sui sistemi automatici avanzati (Torben Biester), sulla prevenzione e terapia sostitutiva (Linda Anne Di Meglio), sul CGM (Klemen Klemen Dovč ), sulle nuove terapie e insuline (Eda Cenzig) e sul diabete tipo 2 e obesità (Megan Kelsey).
Si è parlato di bambini molto piccoli e delle sfide quotidiane nella gestione dei pasti, della tecnologia e della loro qualità di vita e del benessere. Sottolineando come le esigenze siano diverse, ma gli obbiettivi gli stessi, senza derogare sul target di glicata o tempo in range. Perché le complicanze non guardano in faccia a nessuno e il buon compenso glicemico resta l’unico strumento davvero efficace per una reale prevenzione delle stesse. E perché ormai sono abbastanza chiari i dati di popolazione che ci dicono come un esordio prima dei 10 anni, se non ben compensato fin da subito, significhi diversi anni persi (fino a 14-17 a seconda del genere) nel computo totale della mortalità versus persone con diabete ad esordio più tardivo o senza diabete.
Interessante anche la sessione sulla transizione verso la cura in centri diabetologici degli adulti, con la bella relazione di Davide Tinti, di Torino, al suo (brillante) esordio in un convegno internazionale. Nella sua relazione si è soffermato sul rapporto medico/paziente e sugli aspetti meno conosciuti e più problematici.
Dopo la pausa, gli ultimi due simposi prima della cerimonia di chiusura.
Nel primo si è parlato dell’importanza di individuare i pazienti a rischio di sviluppare diabete tipo 1, di come usare i tanti dati raccolti dai sistemi legati alla tecnologia e di come questi possano essere usati per sviluppare sistemi di supporto automatici, e infine di terapie per i pazienti con obesità.
Nel simposio congiunto ISPAD/ATTD, soprattutto la prima relazione mi ha colpito, grazie a Moshe Phillip, purtroppo non presente per i noti fatti di Israele, ma in collegamento via computer. L’importanza di una precoce identificazione dei pazienti che sono in procinto di passare allo stadio 3 del diabete è legata alla prevenzione della chetoacidosi all’esordio, ancora estremamente elevata in alcuni centri. La possibilità poi di accedere alle terapie mirate alla conservazione della funzionalità beta-cellulare è altrettanto importante, anche se queste terapie sono disponibili ancora solo in pochi Paesi.
Il secondo, e ultimo simposio, che ha visto Valentino Cherubini come moderatore, è stato dedicato all’importanza dei registri di popolazione, non solo per fare ricerca ma anche per la gestione quotidiana del diabete. Si è parlato di SWEET, ma anche di registri in paesi meno sviluppati o che ne istituiscono uno, come in Repubblica Ceca.
Veniamo ora alle mie personali considerazioni.
Rotterdam una città ricostruita sulle ceneri dei bombardamenti della seconda guerra mondiale ha uno stile molto mitteleuropeo e relativamente recente. Le case cubiche sono un singolare progetto architettonico, caratterizzato da vari edifici a forma di cubo rovesciato, che fu ideato negli anni settanta dall’architetto olandese Piet Blom e che vale la pena vedere.
La partecipazione italiana è stata massiccia, circa 60 pediatri diabetologi, e non solo come uditori, ma anche relatori, Manuela Battaglia, Francesca Ulivi, Ivana Rabbone, Davide Tinti, Lorenzo Piemonti, moderatori Valentino Cherubini, Davide Tinti, Claudia Piona, Valentina Tiberi e molti giovani presentatori di comunicazioni orali o poster.
L’elezione di Claudia Piona nell’ advisory board della Società è poi una bella ciliegina sulla torta.
Si è parlato molto di prevenzione e screening, ma anche di immunotetapia, poca tecnologia, terapie per obesità e tipo 2, complicanze e loro prevenzione.
Se posso la mia top 3 del congresso di quest’anno è tutta italiana. La relazione di Manuela Battaglia sull’importanza di #Innodia, Lorenzo Piemonti e il ruolo della terapia cellulare nel mettere a punto la cura che ci permetterà di dire la parola fine a questa malattia alquanto bastarda, e soprattutto Francesca Ulivi e il programma di screening nazionale per diabete tipo 1 e celiachia in tutti i bambini 0-17 anni, al quale sono stati dedicati applausi a scena aperta e un’ovazione al termine del suo intervento. Segno che l’apprezzamento è stato piuttosto trasversale (legge citata in almeno altre 3 relazioni).
Mi porto a casa anche le sagge parole della dottoressa olandese che si occupa di psicologia, sul ruolo dei genitori, sulla necessità che non siano asfissianti e continuino a sorvegliare da lontano e con discrezione.
E infine le parole delle linee guida ISPAD 2022 sulla necessità di offrire a TUTTI i bambini e adolescenti con diabete tipo 1 la migliore opzione terapeutica possibile, che senza dubbio alcuno sono i sistemi automatici avanzati.
È ora che tutti i nostri centri si adeguino a queste indicazioni e si attrezzino per offrire ai loro pazienti queste opportunità. Vedere che oltre il 50 percento dei bambini / adolescenti 0-18 anni in Italia utilizza ancora la terapia multiiniettiva è un dato che deve far riflettere.
E ci deve far correre ai ripari per mettere tutti i nostri pazienti nelle stesse condizioni. Da Rotterdam è tutto, arrivederci a Lisbona nel 2024.
Dr Andrea Scaramuzza
Responsabile Endocrinologia, Diabetologia & Nutrizione Pediatrica presso ASST di Cremona