Indennità di accompagnamento ai minori diabetici di tipo 1 insulinodipendenti.

Sussistono i presupposti per la concessione del beneficio, indipendentemente dalla (in) capacità di svolgere gli atti quotidiani della vita, fino a che non sono in grado di capire la “necessità dell’atto terapeutico” e farsene carico”.
Primo commento alla ordinanza 7032, Quarta Sezione Civile della Corte di Cassazione.
Quando si parla di minore, il pensiero comune è che il minore debba essere per forza “non autosufficiente”, per il solo fatto di essere minore.
Ma il concetto di “non autosufficienza”, tale da consentire il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento è contenuto nell’art. 1 comma 2 della L. 508/ 1988.
Infatti, per il riconoscimento occorre che in Commissione medica, come avviene per i soggetti maggiori di 18 anni, sia accertato e dichiarato uno dei seguenti requisiti:
-la cecità totale;
– l’inabilità totale 100% per affezioni fisiche o psichiche;
– l’impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o il non essere in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, e il bisogno di una assistenza continua.
Pur non essendo “autosufficiente” per la minore età, il minore diabetico insulino dipendente generalmente è in grado di attendere da solo e senza bisogno di assistenza continua agli atti elementari semplici, e dunque nella quasi totalità delle istanze presentate, il minore non è dichiarato invalido e non beneficia dell’indennità di accompagnamento.
In verità, un primo passo in avanti per la tutela del minore diabetico, da considerarsi “invalido” solo ai fini del riconoscimento di alcuni benefici di legge, si segnò nel novembre 2015, quando la Commissione Medica Superiore dell’INPS emanó un documento intitolato “LA VALUTAZIONE A FINI DI INVALIDITA’ CIVILE E HANDICAP DEL MINORE AFFETTO DA DIABETE MELLITO TIPO I LINEE – GUIDA”.
Per la Commissione Medica Superiore, si scrisse, è opportuno che “per i minori affetti da diabete mellito tipo 1, si debba riconoscere in ogni caso la sussistenza di difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni propri dell’età, ai fini dello status di “minore invalido” (…)
Ora, secondo la recentissima pronunzia della Suprema Corte di Cassazione, l’indennità di accompagnamento spetta ai minori affetti da diabete di tipo 1, insulino dipendenti, a prescindere dall’originario e superato requisito delle difficoltà persistenti e dell’invalidità.
La circostanza che conducano una “vita normale” e svolgano tutti gli atti della vita quotidiana correlati alla loro età non fa venir meno il loro diritto ad avere “un aiuto permanente” per assumere l’insulina, fino a che non sono in grado di capire la “necessità dell’atto terapeutico” e farsene carico.
La vicenda giudiziaria parte nel 2020, quando una madre aveva chiesto e si era vista negare, in favore della figlia minore diabetica insulino dipendente dall’età di tre anni, l’indennità di accompagnamento.
Secondo il Tribunale, la bambina, “pur bisognosa di quotidiane somministrazioni di insulina da parte della madre prima con penna insulinica, poi con Pod mediante caricamento ad attivazione, non era incapace di compiere autonomamente gli atti della vita quotidiana”, sicché “a parte le somministrazioni, la minore risultava svolgere comunque una vita normale compatibile con l’età”.
Avverso tale decisione e ritenendo erronea la pronuncia che le aveva negato l’indennità di accompagnamento “a dispetto della necessità di un aiuto permanente per il compimento di un essenziale atto quotidiano della vita, come la somministrazione d’insulina”, veniva proposto ricorso per Cassazione.
Con ordinanza n. 7032, di cui si ha notizia dalla stampa odierna, per la Corte di Cassazione, “l’incapacità richiesta per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento non è commisurata al numero degli elementari atti giornalieri, ma alla loro incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona”.
Ed ancora : “Anche l’incapacità di compiere un solo genere di atti può attestare, per la rilevanza di questi ultimi e l’imprevedibilità del loro accadimento, la necessità di una effettiva assistenza giornaliera”.
È dunque errata la sentenza del Tribunale “nella parte in cui disconosce il diritto all’indennità di accompagnamento, solo perchè la minore conduceva una ‘vita normale compatibile con la sua età’, nel periodo in cui necessitava dell’assistenza della madre per l’assunzione dell’insulina”.
Secondo la Cassazione, l’impossibilità di compiere gli atti della vita quotidiana deve essere intesa anche “alla luce dell’età, delle condizioni psicofisiche” della persona che chiede l’accompagnamento e quando si tratta di bambini si deve tenere presente quando ancora non possiedono “la capacità di intendere il significato, la portata, la necessità, l’importanza degli atti quotidiani” dai quali dipende “la salvaguardia della propria condizione psicofisica”.
Nella specie la Corte ha riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento per tre anni, coincidenti con gli ultimi tre anni di scuola elementare della minore, e fino a quando, passata alla scuola media inferiore, la minore riusciva “ad utilizzare da sola l’erogatore [di insulina, n.d.r.] e non aveva più bisogno dell’intervento del genitore”.

Avv. Umberto Pantanella