Il trapianto di isole contribuisce a controllare il diabete

Uno studio internazionale* ha confermato che il trapianto di cellule pancreatiche produttrici di insulina (cd isole), può contribuire a stabilizzare i livelli glicemici di pazienti con diabete di tipo 1 difficile da controllare.

I ricercatori precisano tuttavia che le cellule trapiantante tendono a perdere gradualmente la loro capacità di produrre insulina.

I primi trapianti di isole riusciti con successo sono stati eseguiti nel 2000 dal team guidato dal Dr. A. M. James Shapiro su sette pazienti.

Il Dr. Shapiro e i suoi colleghi dell’Università dell’ Alberta, in Canada, hanno in seguito condotto una sperimentazione per valutare la fattibilità e la riproducibilità della procedura.
I loro risultati sono stati pubblicati sul numero di questa settimana della rivista New England Journal of Medicine.

I 36 pazienti adulti partecipanti alla sperimentazione erano diabetici tipo 1 da almeno 5 anni e presentavano livelli di glucosio oscillanti fra valori eccessivamente alti ed eccessivamente bassi.

Fra il 2001 e il 2003, ai pazienti sono state praticate fino a tre infusioni di cellule pancreatiche, finché la funzionalità delle isole persisteva dal precedente trapianto.
Le cellule trapiantate provenivano dal pancreas di donatori dichiarati cerebralmente morti.

L’endpoint principale, ovvero la possibilità, a un anno dai trapianti, di fare a meno delle iniezioni di insulina ottenendo comunque un adeguato controllo del glucosio, è stato ottenuto in 16 pazienti.
In dieci la funzionalità dell’impianto è stata parziale, ma con un sostanziale miglioramento del controllo del diabete.
In dieci pazienti le cellule impiantate sono andate completamente perse.

Dopo due anni, tuttavia, solo cinque dei partecipanti continuavano ad essere insulino-dipendenti, e, dopo tre, solo uno.

In un editoriale, il Dr. Jonathan S. Bromberg e il Dr. Derek LeRoith, entrambi della Mount Sinai School of Medicine di New York, hanno commentato “che resta ancora molto lavoro da fare prima che il trapianto di isole possa produrre risultati durevoli”.

(Leggi il commento del Dr Ricordi)

(Leggi il commento del Dr Bertuzzi)

*From the University of Alberta, Edmonton, AB, Canada (A.M.J.S., E.A.R., J.P., G.S.K., J.R.T.L.); the University of Miami, Miami (C.R., R.A., T.F.); the University of Minnesota, Minneapolis (B.J.H., R.K., D.E.R.S., M.S.); Harvard Medical School, Boston (H.A., E.C.); the Emmes Corporation, Rockville, MD (R.L., F.B.B.); the University of Washington, Seattle (R.P.R., J.-A.R.); San Raffaele Scientific Institute, Milan (A.S., F.B.); Justus-Liebig University, Giessen, Germany (M.D.B., R.G.B.); the University of Geneva, Geneva (T.B., P.M.); Washington University, St. Louis (D.C.B., K.S.P.); the National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Rockville, MD (B.D., L.V.); the Barbara Davis Center, University of Colorado, Boulder (G.E.); and the Immune Tolerance Network, San Francisco, and Bethesda, MD (H.A., V.S.-M., J.B.).

 

Da “In Diabetes Today” in American Diabetes Association

FONTE: The New England Journal of Medicine, settembre 2006.

1 ottobre 2006