Il diabete può aumentare il rischio di demenza del 50%

Oggi, circa 44 milioni di persone al mondo soffrono di demenza, un gruppo di patologie tra cui l’Alzheimer, e secondo gli scienziati questo numero raddoppierà entro il 2030 e triplicherà entro il 2050. Sono alcune delle stime del World Alzheimer Report 2014 (Dementia and Risk Reduction An Analysis of Protective and Modifiable Factors), il Rapporto mondiale di quest’anno sulla malattia (realizzato da Alzheimer’s Disease International ADI, Federazione internazionale comprendente 84 associazioni in tutto il mondo, con il supporto del gruppo internazionale di assistenza sanitaria Bupa).

Pubblicato pochi giorni prima della Giornata Mondiale dell’Alzheimer (che ricorre il prossimo 21 settembre) e durante il mese di settembre – Mese Mondiale dell’Alzheimer-, questo Rapporto, che consiste in un’analisi dei fattori di protezione dalla malattia e su cui si può intervenire, svela che è possibile ridurre il rischio associato alla demenza attraverso azioni mirate. Tra queste azioni, il controllo dell’uso del tabacco; la prevenzione, il rilevamento ed il controllo di alcune patologie tra cui l’ipertensione e il diabete, che influiscono in buona percentuale su tale rischio. Il report, infatti, riferisce che il diabete può aumentare il rischio di demenza del 50%. Inoltre, anche se l’evidenza scientifica da studi osservazionali non è conforme, i risultati degli studi disponibili sembrano suggerire che l’attività fisica potrebbe essere associata ad una diminuzione del 40% del rischio.
Il Rapporto richiede che la demenza sia integrata nei programmi di salute pubblica nazionali e mondiali accanto alle altre principali malattie non trasmissibili. Includendo anche le persone più anziane, il messaggio che emerge è che non è mai troppo tardi per cambiare, dato che gli sviluppi futuri della malattia dipenderanno probabilmente soprattutto dal successo o dal fallimento degli sforzi collettivi per migliorare la salute pubblica a livello globale.

Ecco i cinque consigli del Rapporto Mondiale dell’Alzheimer
Alla fine del testo, nella sezione “Possiamo ridurre il rischio?”, ci sono i cinque consigli del Rapporto Mondiale dell’Alzheimer:

1.prenditi cura del tuo cuore,

2.sii attivo dal punto di vista fisico,

3.segui una dieta sana,

4.sfida il tuo cervello,

5-godi delle attività sociali.
Innanzitutto, smettere di fumare comporta una riduzione del rischio: l’incidenza della patologia tra persone con più di 65 anni è la stessa tra gli ex-fumatori e chi non ha mai fumato, mentre è più alta per chi fuma ancora.

Oltre a misure per ridurre il consumo del tabacco, il Rapporto afferma che il controllo del diabete, della pressione sanguigna alta e del rischio cardiovascolare potrebbero ridurre il rischio di demenza anche in età avanzata.
Non solo i paesi ad alto reddito, ma anche molti paesi a medio e basso reddito presentano, in base a modelli recenti, un aumento dell’esposizione a fattori di rischio di tipo cardiovascolare, con l’incremento del tasso di diabete, malattie cardiache e ictus.  
Il Documento odierno riferisce che “c’è una forte e coerente evidenza di un’associazione tra ipertensione durante la mezza età e l’incidenza di demenza in tarda età; e tra il diabete in tarda età e la conseguente insorgenza di demenza” e “associazioni conformi tra alti livelli di colesterolo totale durante la mezza età e l’incidenza di Alzheimer e le altre forme di demenza”*.
Inoltre, sia l’obesità che l’assenza di esercizio fisico sono fattori di rischio sia per il diabete che per l’ipertensione, dunque anch’essi devono essere posti sotto controllo.

Altro punto molto importante riguarda l’educazione, intesa come istruzione, cultura e conoscenze acquisite nel corso della vita: se essa non influisce sui cambiamenti cerebrali che portano alla demenza, ha però un impatto sul funzionamento intellettuale; così, chi ha avuto opportunità educazionali e formative migliori presenta un rischio più basso della malattia in età avanzata. In particolare, è importante potenziare le capacità del cervello durante la vita, specialmente nella mezza età, così che i cambiamenti cerebrali avvengano decenni prima che i sintomi possano apparire. In generale, chi raggiunge l’età avanzata con un cervello più sviluppato e più in salute sembra avere una vita più felice ed indipendente, con una minore probabilità di insorgenza della demenza.

Da non dimenticare, poi, i fattori di rischio legati a disturbi di natura psicologica, per i quali ci sono forti evidenze che la depressione possa aumentare il rischio di demenza, secondo il Rapporto; si ipotizza che anche lo stress di tipo psicologico abbia lo stesso effetto.

Nei dati dell’indagine rilasciati da Bupa, in particolare, emerge che un gran numero di persone non sono a conoscenza delle azioni migliorative per ridurre il rischio di demenza. Solo il 17% delle persone sa che le interazioni sociali con gli amici e la famiglia potrebbero avere un impatto sul problema. Uno su quattro individua il sovrappeso come un possibile fattore di rischio, e poco più di uno su cinque (23%) considera il fattore attività fisica. Inoltre, il 68% degli intervistati è preoccupato di poter sviluppare la demenza in tarda età.

Esiste già un’evidenza, da numerosi studi, che l’incidenza della demenza può diminuire nei paesi ad alto reddito, grazie ai miglioramenti nell’educazione e nella salute cardiovascolare”, ha commentato il Professor Martin Prince, del King’s College London’s Institute of Psychiatry, Psychology & Neuroscience ed autore del Rapporto. “Dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per accentuare questo trend. Con un costo globale maggiore di 600 miliardi di dollari difficilmente la scommessa potrebbe essere ancora più alta”.

Inoltre, “mentre l’età e la genetica fanno parte dei fattori di rischio della malattia, non fumare, mangiare più sano, praticare esercizio fisico e avere un buona istruzione, insieme al mantenere in esercizio il cervello per assicurarsi che sia attivo, sono tutti elementi che possono giocare un ruolo rispetto alla probabilità di sviluppare la demenza”, ha spiegato il Professor Graham Stokes, Global Director of Dementia Care, Bupa. “Le persone che hanno già la demenza o che presentano segnali del problema, possono mettere in atto queste azioni, che possono aiutarle a rallentare la progressione della malattia”.

di Viola Rita

*Anstey KJ, Lipnicki DM, Low LF. Cholesterol as a risk factor for dementia and cognitive decline: a systematic review of prospective studies with meta-analysis. Am J Geriatr Psychiatry 2008; 16(5):343-354

 

 

da quotidianosanità.it