Diabete e obesità: il sonno come terapia?

Roma, 9 novembre 2017 – Le teorie sul sonno sono di nuova attualità dopo il Nobel della Medicina 2017 assegnato agli scienziati Hall, Rosbash e Young teorizzatori e scopritori dei meccanismi molecolari dei bioritmi. Il sonno è uno dei sincronizzatori principali dei bioritmi e per questo un prezioso alleato della salute psico-fisica che il medico potrebbe prescrivere quale prescrizione medica.

“Il sonno, introduce Piernicola Garofalo, Presidente AME Onlus, è un processo attivo e dinamico che ha un impatto importante su molti aspetti della salute, della vita quotidiana e della crescita; il sonno ha molteplici funzioni quali la conservazione dell’energia, il consolidamento della memoria, il recupero psico-fisico, e tante altre ancora. Inoltre, interagisce con il sistema nervoso, endocrino e immunitario influenzando i tre sistemi più complessi del nostro organismo che a loro volta condizionano qualità e quantità del sonno”.

Se ne parla al Congresso Nazionale AME, Associazione Medici Endocrinologi che si apre oggi a Roma e prosegue fino al 12 novembre.

Ma cosa c’entra il sonno con l’endocrinologia? “Quasi tutte le cellule del nostro corpo presentano un orologio biologico e molti geni si attivano o disattivano seguendo il ritmo circadiano, spiega Daniela Agrimi, Ambulatorio di Endocrinologia, Diagnostica ed Interventistica Tiroidea, Asl Brindisi. L’alterazione dell’orologio biologico aumenta la probabilità di malattia e questo è particolarmente evidente per malattie metaboliche come il diabete di tipo 2 e l’obesità. Il nostro modello sociale che ci spinge ad essere attivi 24h7, induce a ridurre le ore di sonno a favore di quelle di attività e questo porta ad una marcata alterazione delle oscillazioni ormonali che regolano il metabolismo.

Molti studi hanno dimostrato che la riduzione delle ore di sonno aumenta il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 influenzando il modo in cui il nostro corpo processa il glucosio. L’utilizzo del glucosio è maggiore durante la veglia mentre è più basso durante il sonno quando il metabolismo cerebrale del glucosio è rallentato e la captazione del glucosio da parte dei neuroni è ridotta del 30-40% rispetto allo stato di veglia.

La deprivazione di sonno, anche parziale ma ripetuta nel tempo, o la compromissione della qualità del sonno con ripetuti risvegli durante la notte, modificano il metabolismo del glucosio e la secrezione di insulina, portando chi dorme meno di 6-7 ore per notte ad un rischio maggiore di sviluppare il diabete.

Altri studi hanno anche messo in relazione un insufficiente riposo con l’aumento di peso: le persone che dormono abitualmente meno di 6 ore per notte hanno un indice di massa corporea (BMI) più alto della media. Durante il sonno, il nostro corpo secerne ormoni che aiutano a controllare l’appetito e il metabolismo energetico. Dormire poco porta ad uno squilibrio di questi ed altri ormoni: è associato, ad esempio, a livelli più bassi di leptina, l’ormone che indica al nostro cervello di aver mangiato abbastanza cibo, e a livelli più alti di grelina che invece stimola l’appetito, con il risultato di avere più appetito e favorire il consumo di cibi ad alto contenuto calorico. Una persistente alterazione del ritmo sonno-veglia è quindi un fattore di rischio per malattie metaboliche al pari di inattività e una dieta sbilanciata”.

“La relazione tra malattie metaboliche e sonno è complessa e merita l’attenzione clinica degli endocrinologi e un approccio multidisciplinare, conclude Garofalo. Grazie a quello che già sappiamo bisognerebbe aumentare gli studi che portino a nuovi approcci preventivi e terapeutici contro obesità e diabete di tipo 2 basati sull’aumento della qualità e quantità di sonno e, in un certo senso, dando ragione all’antico detto popolare “dormi che ti passa”.

 

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Come un capo.