Diabete di tipo 2, nel breve termine le donne sono a maggior rischio di fratture ossee

Nelle donne con diabete di tipo 2 la malattia è associata a un maggior rischio di fratture nel breve termine, ma non nel lungo periodo e non nei soggetti di sesso maschile. Lo riportano i risultati di un ampio studio di coorte presentati al congresso dell’American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) 2019 che si è da poco concluso a Los Angeles, in California.

Oltre alle complicanze micro/macrovascolari a lungo termine, i pazienti con diabete di tipo 2 presentano anche una varietà di disturbi scheletrici, tra cui l’osteoporosi e le fratture. L’osteopatia diabetica è caratterizzata da cambiamenti microarchitetturali che riducono la qualità e la forza ossea, aumentando il rischio di fratture ossee in entrambi i tipi di diabete. Trattandosi di due disturbi che aumentano con l’avanzare dell’età, spesso osteoporosi e diabete di tipo 2 coesistono nei pazienti anziani.

Nei pazienti diabetici la densità minerale ossea (Bmd) sembra essere normale o superiore rispetto ai soggetti sani, e per questo motivo per molti anni non sono stati considerati a rischio di osteoporosi. Studi più recenti hanno tuttavia evidenziato che queste persone potrebbero essere soggette a un maggior rischio di fratture ossee nonostante una superiore Bmd, probabilmente perché il diabete riduce la qualità dell’osso piuttosto che influenzarne la densità.

Valutazione del rischio di fratture a breve e lungo termine
Per valutare l’associazione tra questi due fattori, sia nel breve che nel lungo termine, i ricercatori della Harvard Medical School di Boston, in Massachusetts, hanno identificato uomini e donne che partecipavano alle coorti dello studio Framingham, che ha coinvolto oltre 5mila coppie e i loro figli. 

Hanno analizzato l’associazione tra diagnosi di diabete di tipo 2, uso di farmaci ipoglicemizzanti e durata della malattia con frattura incidente, escludendo fratture del dito della mano e del piede, del cranio o del viso, così come le fratture patologiche, e i dati sono poi state aggiustati per età, sesso, peso e altezza.

I ricercatori hanno arruolato 2105 donne e 1130 uomini che si erano sottoposti a una visita al basale per l’osteoporosi intorno all’anno 1990, il 9% dei quali aveva il diabete di tipo 2 (età media 67 anni). Il follow-up mediano è stato di 9 anni ed è durato fino al verificarsi di una frattura, alla morte del paziente, oppure fino al termine della durata prevista del follow-up nel 2009. 

La diagnosi di diabete era più comune negli uomini rispetto alle donne (13% contro 7%), viceversa per l’uso di farmaci antidiabetici (63% nelle donne vs 51% negli uomini). La durata media della malattia era di 8 anni.

Il rischio è maggiore nelle donne e nel breve termine
Nelle donne, il diabete di tipo 2 è risultato associato a una maggiore incidenza cumulativa di fratture (37% vs 30% senza diabete), mentre negli uomini con diabete l’incidenza cumulativa di fratture era inferiore rispetto ai soggetti sani (11% vs 16%). Nel complesso nelle donne la diagnosi di diabete di tipo 2 era associata a un rischio di frattura di oltre 2 volte l’anno, ma lo stesso non si verificava nei soggetti di sesso maschile.

In relazione alla durata del diabete, i ricercatori hanno riportato un incremento del 28% del rischio di fratture per ogni aumento di 5 anni di durata della malattia, mentre l’uso di farmaci antidiabetici è stato associato a un rischio di fratture maggiore del 70% a 2 anni. Invece non è stata trovata nessuna associazione significativa tra diabete di tipo 2 e incidenza di fratture nel lungo termine.

«Di solito è necessario seguire le persone per molto tempo perché si accumuli un numero sufficiente di fratture per condurre uno studio, ma grazie alle incredibili ampiezza e caratterizzazione delle coorti Framingham, siamo stati in grado di esaminare i rischi di frattura tanto a 1-2 anni quanto a oltre 10», ha dichiarato l’autrice principale Elizabeth Samelson, ricercatrice presso il Marcus Institute for Aging Research alla Hebrew SeniorLife in Massachusetts. «Quello che abbiamo scoperto è che il diabete ha aumentato il rischio a breve termine di frattura nell’arco di 1/2 anni, mentre a lungo termine, oltre 10 anni, l’aumento non è risultato significativo».

Considerato il maggior rischio di frattura nel breve termine, i ricercatori hanno concluso che «nei pazienti anziani con diabete di tipo 2 l’intervento clinico può essere particolarmente efficace per la riduzione della frattura».

Bibliografia
Dufour A, Williams S, Weiss R, Samelson E. Diabetes increases short-term but not long-term risk of fracture: a community-based study. Presented at: American Association of Clinical Endocrinologists 28th Annual Scientific & Clinical Congress; April 24-28, 2019; Los Angeles, CA.

 

da PHARMASTAR