Novità dall’EASD di Barcellona

In occasione del 49° congresso dell’EASD tenutosi a Barcellona dal 23 al 27 settembre sono stata invitata con altri “opinion leaders” europei (bloggers o rappresentanti di communities) ad un meeting moderato dalla giornalista scientifica del Times Vivienne Parry in cui ci hanno chiesto quali fossero i bisogni primari, più sentiti dalle persone con diabete.
Avevamo solo l’imbarazzo della scelta, vista soprattutto la crisi economica che sta riducendo in ogni paese le risorse destinate alla Sanità. Molto diverse da paese a paese le norme che regolano la distribuzione di presidi medici, il diritto alle prestazioni specialistiche, alla cura vera e propria.
La penuria di strisce reattive è generale (o quasi), ma non sono stati solo i problemi economici oggetto della nostra discussione.
La mancanza di supporto psicologico è purtroppo una costante e solo in minima parte può essere sopperita con i nostri gruppi, i nostri blog, il nostro impegno.
Dalla nostra discussione è emerso poi che uno dei “fastidi” più rilevanti relativi alla gestione del diabete è quello dell’invasività dei glucometri.

Pensiamo al bambino che deve “pungersi” il ditino 8 volte al giorno, che la mamma deve svegliare in piena notte.
Pensiamo all’anziano, con ridotta manualità che fatica a pungersi e a lasciare la goccina di sangue sulla striscetta.
Ma pensiamo anche a chi lavori e può sentire la necessità di misurare la glicemia magari durante una riunione e non ha piacere di “mostrare” a tutti quella che, per molti, è una banale procedura, ma non per tutti.
In viaggio, allo stadio, in piscina.

Tutti noi da Debbie Hicks, un’infermiera inglese, essa stessa diabetica, che si occupa di pazienti diabetici, a Patricia Santos, una giovane blogger spagnola, a Hein Oude Hesselink un delegato IDF olandese, a Carlos Gonzales un ragazzo spagnolo che vive in Germania e tiene un blog in 2 lingue (inglese e spagnolo), a Victoria Healy, neozelandese che vive in Inghilterra, a Rosa Elena Yanez, messicana che vive in Spagna, tutti abbiamo concordato che una delle necessità più urgenti sia quella di poter rilevare la glicemia in modo non invasivo, ma anche in modo “non ossessivo” come molti giudicano il sensore continuo di glicemia.
Da più parti si è notato come avere un apparecchio che misuri costantemente la glicemia possa creare ansia o persino dipendenza.
E’ ormai noto che monitorare la glicemia sia indispensabile per cercare di mantenere un controllo glicometabolico quanto più vicino alla norma.
Oggi però i glucometri ci danno solo una lettura per ogni “buco”.
I rilevatori continui di glicemia richiedono comunque calibrazioni e confronti con il glucometro tradizionale, non tutti riescono comunque a utilizzarli/ottenerli a causa degli alti costi.
A causa di ciò si stima che fino al 60% dei diabetici di tipo 1 e fino al 76% dei diabetici tipo 2 misurino la glicemia con meno frequenza del dovuto.
La possibilità quindi di potersi provare la glicemia quando si vuole, se lo si vuole, senza dolore, velocemente, con discrezione, nel rispetto della propria (e altrui) privacy ci è parsa una caratteristica importante per un glucometro di ultima generazione.
Tutti sappiamo che lo scopo principale della terapia diabetica sia un buon controllo glicemico per ridurre il rischio delle complicanze.
Le linee guida internazionali raccomandano che i targets glicemici però siano specifici per ogni singolo paziente (sempre più spesso si sente l’espressione “cucire la terapia sul paziente” come se il diabetologo fosse un sarto).
Quindi bisognerà considerare l’età, la durata del diabete, se ci siano altre patologie, la dieta, l’attività fisica, le motivazioni del paziente, gli aspetti sociali e psicologici, fino al rischio di ipo e iperglicemie.
Monitorare i livelli di glucosio è assolutamente importante, soprattutto perché essi possono variare rapidamente in pochi minuti.
L’emoglobina glicosilata (HbA1c) è importantissima per ottenere la media delle glicemie delle ultime 8-12 settimane, ma è “solo” una media, non racconta la variabilità glicemica, né le ipoglicemie. Per cercare di avere un quadro il più possibile chiaro i pazienti non possono che provarsi più volte al giorno la glicemia con un glucometro tradizionale (utilizzato dal 97% dei pazienti) o affidarsi ad un rilevatore continuo della glicemia (CGM, continuous glucose monitoring, utilizzato da circa il 3% dei pazienti).

Il CGM è stato introdotto già nel 1999 come nuova tecnologia per misurare i livelli di glucosio nel tessuto interstiziale. I 3 maggiori componenti un CGM sono un sensore, un trasmettitore e un monitor grande come un cellulare. Il sensore va inserito nel sottocute dell’addome o del braccio e può rimanerci normalmente fino a 7 giorni. Le letture della glicemia sono trasmesse dal sensore al ricevitore che viene indossato dal paziente. Il monitor mostra in tempo reale la glicemia ed emette un allarme se i livelli glicemici scendono o salgono troppo.
Le linee guida raccomandano l’uso del CGM per i pazienti maggiori di 8 anni.
E’ provata una relazione positiva tra controllo della glicemia e controllo glicometabolico generale nei pazienti diabetici di tipo 1: più volte si prova la glicemia, migliore il controllo, minore l’emoglobina glicosilata del paziente.
Non univoci invece sono i dati riguardanti il tipo 2, non trattati con l’insulina.

Se l’utilizzo del CGM offre benefici indubbi, si stima che possa essere impreciso   fino al 21% delle volte, soprattutto durante episodi di ipoglicemia e rapidi cambiamenti glicemici.

Se usati in modo costante ed appropriato quindi sia i glucometri tradizionali che i i rilevatori continui di glicemia  possono aiutare medici e pazienti a comprendere:
– 1 l’andamento delle glicemie

– 2 i fattori associati ai livelli glicemici che non sono nella norma

– 3 il rischio di ipoglicemia

– 4 come gestire le ipo e le iper.

Per ottenere tutto ciò la tecnologia dovrebbe quindi prevedere la messa a punto di apparecchi che consentano di conoscere la propria glicemia in modo indolore, in modo riservato, semplice, che prevedano un prospetto storico delle letture e con delle proiezioni sui trend futuri.
Questi miglioramenti ai sistemi di monitoraggio già esistenti avrebbero il potenziale di migliorare significativamente il controllo glicemico dei pazienti con diabete, ridurre gli episodi di ipoglicemia e migliorare la qualità della vita dei pazienti stessi.

In questo senso sta andando la ricerca tecnologica di Abbott che sta sviluppando  una nuova categoria di glucometri (Flash Glucose Monitoring – FGM) che dovrebbe rappresentare un’alternativa al glucometro tradizionale, con un sensore adesivo impermeabile della grandezza di una moneta che sarebbe indossato per 14 giorni e che non richiederebbe calibrazioni.
Un lettore leggerebbe i dati del sensore semplicemente avvicinandosi al sensore, registrando i dati passati e presenti, in tempo reale, con frecce direzionali e un profilo di 8 ore.
L’accuratezza, la precisione di questo FGM sarebbe almeno equivalente al Free Style Navigator.
Si prevede la sua commercializzazione nella seconda metà del 2014.

Tutti noi presenti al meeting abbiamo guardato con interesse (e un po’ di stupore) a questo che potrebbe essere una vera rivoluzione nel modo di gestire il diabete e ci auguriamo possa essere presto disponibile nei nostri paesi.

 

 

 

Daniela D’Onofrio

Barcellona, 24 settembre 2013

EASD