Un’innovativa ed efficace via per bloccare l’attacco autoimmune alle cellule beta del pancreas

Ricercatori del Whitehead Institute for Biomedical Research e del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge (MA, USA), guidati da Harvey F. Lodish e Hidde L. Ploegh, riportano in questi giorni sull’importante rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) come la somministrazione di cellule ingegnerizzate di eritrociti possa riprogrammare il sistema immunitario ad interrompere l’attacco che conduce alla distruzione delle cellule beta del pancreas. Seppur testato ancora solo sui topolini, questa innovazione apre un nuovo fronte terapeutico per la prevenzione del T1D e di altre malattie autoimmunitarie.

Fin’ora, la maggior parte degli sforzi contro l’autoimmunità nel T1D si sono concentrati nel blocco dei linfociti T coinvolti nella distruzione le cellule che producono insulina (es. terapie antirigetto). In questo nuovo studio, i ricercatori hanno utilizzato invece dei globuli rossi “modificati” come mediatori dell’induzione di tolleranza per i linfociti T verso gli (auto-)antigeni. L’approccio è simile alla “desensibilizzazione immunitaria”, in cui un allergene (che provoca l’attivazione del sistema immunitario) viene somministrato ripetutamente a basse dosi per insegnare il sistema immunitario che è “innocuo”.
I globuli rossi utilizzati sono stati geneticamente modificati per trasportare ed esporre una famiglia di antigeni specifici che appaiono sulla superficie delle cellule beta e che scatenano l’autoimmunità. Una volta trasfusi nei topolini, questi globuli rossi hanno indotto nel tempo una tolleranza verso le stesse proteine espresse specificatamente sulla superficie delle cellule beta.

L’induzione di tolleranza immunologica è uno stato di mancata risposta del sistema immunitario specifico per un particolare antigene promosso da una precedente esposizione a questo antigene. Si tratta, in sostanza, di un’esperienza di apprendimento naturale che le cellule T, durante la loro crescita, fanno per distinguere ciò che è “estraneo” da ciò che proprio del nostro corpo. 
I ricercatori hanno utilizzato con successo lo stesso processo di induzione di tolleranza su topolini con sclerosi multipla autoimmune. L’applicabilità e la sicurezza di questo innovativo metodo resta ancora da validarsi sperimentalmente per l’uomo.

[Pishesha Novalia et al. 2017 PNAS, doi/10.1073/pnas.1701746114]

 

traduzione di Gianpiero Garau