Una piccola, lunga riflessione

Occorre premettere una cosa importante, che è il motivo scatenante e forza catalizzante di quest’avventura.
Sono diabetico insulino-dipendente da quasi 20 lunghi anni.La mia vita si divide tra Prima della diagnosi (era il giorno del mio ventunesimo compleanno. Tanti auguri!), e Dopo la diagnosi.
Il Prima era una vita comune, tranquilla, certamente sedentaria. Direi facile.
Il Dopo è una ricerca di un equilibrio mai più ritrovato, fisico e mentale. Perché gestire, da solo, per 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno una malattia che ti logora fisicamente e mentalmente è a dir poco dura.
Cercare di vivere di nuovo come una persona normale, e magari dormire una notte di fila, è il mio sport estremo.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere, come dice l’antico adagio!

Non dico di essere contento di essere diabetico e di dover dipendere da un farmaco e parecchia tecnologia per rimanere vivo, ma questa malattia mi ha portato su strade che non avrei mai percorso in vita mia se non la avessi avuta.
Da subito mi è stata data una lunga lista di cose da fare e da non fare, soprattutto NON fare!
Tra queste lo sport, e in particolare quelli ritenuti più pericolosi per un diabetico perché rendono difficile controllare la glicemia o semplicemente perché non si sa nulla di cosa accada ad un paziente diabetico durante quell’attività fisica. Ovviamente ho immediatamente accettato la sfida e continuato a fare subacquea, cominciato l’escursionismo in montagna poi divenuto in solitaria, l’arrampicata sportiva, la bici etc. Insomma sono il classico paziente che non sia accontenta e non accetta limiti imposti.
Il bello è che fino all’esordio del diabete non mi sarei mai sognato di mettermi a fare tutto quello sport! Ma ovviamente appena negatomi per me è stato un imperativo morale, una sfida.
Ho scoperto così, per caso, il piacere di sfidare se stessi. Non sono competitivo con gli altri. Poco mi importa il confronto. Quello che mi spinge è vedere il mio limite, farlo mio, accettarlo e poi superarlo.
Mi ritenevo però diverso dai sani. Il mio metabolismo non è normale e mi dicevo non avrei mai potuto fare quello che fanno gli altri. Dopotutto sono malato, pensavo.
Una serie di incontri mi ha cambiato la vita, in meglio, per sempre, in modo dirompente.
Sono entrato in contatto del tutto casualmente con un gruppo di persone, prima medici, poi pazienti come me, che mi hanno mostrato un’altra strada, che l’avere un metabolismo diverso e una malattia cronica non precludono nulla.
Mi hanno dimostrato che avrei potuto fare tutto ciò che volevo, qualunque sport, a qualunque livello volessi, e soprattutto allo stesso tempo migliorare la mia vita, la gestione della mia malattia e la sua accettazione.
É stata una rivelazione. Ho conosciuto diabetici che corrono maratone, ultra maratone in montagna, vanno in canoa, compiono imprese pazzesche in solitaria con gli sci di fondo in Alaska, scalano montagne, corrono in bici, fanno gare di triathlon e Ironman, il tutto persino migliorando la qualità della propria vita con il diabete!
Il 2010 è stato l’anno della mia svolta. Mi sono messo seriamente ad allenarmi nel nuoto, allo stesso tempo cominciando ad apprezzare le escursioni in montagna in solitaria. Gradualmente ho preso confidenza e superato i miei limiti.
É stato veramente difficile cominciare. Le continue ipoglicemie, il metabolismo sfasato, i muscoli induriti e doloranti a cause delle iperglicemie.
Ho tenuto duro, grazie all’aiuto e all’esempio delle persone incontrate lungo la strada. Loro avevano già provato tutto questo e ne erano usciti migliori. Ora era il mio turno.
Mi hanno insegnato come gestire il diabete prima, durante e dopo l’attività fisica, cosa che, vi assicuro, è alquanto difficile!
Dopo alcuni mesi di fatiche la fortuna di nuovo mi ha sorriso. Un altro incontro, questa volta con un allenatore di nuoto che già allenava una ragazzina agonista diabetica. Da allora siamo diventati amici e mi allena con costanza, portandomi a livelli che mai avrei immaginato di poter raggiungere.

Ma era solo l’inizio.
Pensavo insistentemente a un’idea pazzesca. Mollare tutto e prendermi del tempo, camminare per giorni, da solo e vedere come me la sarei cavata.
Avrei avuto le palle per farlo? Prendermi i rischi connessi e via, partire, mosso dall’idea che lungo la strada avrei scoperto qualcos’altro di me stesso.
Certo, sono nel pieno della mia crisi di mezza età. Tra poco saranno 40. Una moglie, due figli di 4 e 6 anni, vita stressata. Questo spiega in parte il tutto.
Ma c’è anche l’idea di un’avventura, il piacere di sfidarmi! Fallo, mi dicevo, ti sfido a farlo. Mollare tutto? La famiglia, il lavoro, la tua vita e andare! Per un po’ almeno.
Come ho sempre fatto, di colpo, senza troppo rimuginarci sopra, lo dico a mia moglie che stranamente non mi prende per pazzo e capisce cosa mi smuove.
Era un’avventura da compiere in silenzio, da soli, come quando si parte per le vacanze e poi tornati gli amici ti chiedono: “Dove sei stato?”, “Mah, in giro per il mondo…” e tutto finisce lì. L’avventura è solo tua, intimamente tua.
Poi ho pensato all’esempio che i miei nuovi amici diabetici mi hanno dato. A che importanza ha avuto per me sapere che è normale poter fare tutto questo.
Ho preso così contatto, senza troppa convinzione, con la casa che distribuisce il mio microinfusore di insulina proponendogli di sponsorizzare il mio progetto un po’ folle.
Sono subito stati entusiasti dell’idea e poco dopo è nato Project D.
Project D sarà il mio trekking lungo il Cammino di Santiago de Compostela da Saint Jean Pied de Port, in Francia, fino a Finisterre, in Spagna, attraverso Santiago, che percorrerò in solitaria per circa 1.000km in un mese, nel giugno del 2013. Sarà un viaggio fisico e mentale, una sfida per me e la mia malattia alla ricerca dei miei limiti.

La scelta del Cammino è molto pragmatica, e nulla ha a che vedere con la religione. É un itinerario noto, molto lungo, ben tracciato e con la possibilità di un appoggio a ogni tappa in caso di necessità.
Dopotutto non ho idea di cosa mi accadrà e di come cambierà il mio metabolismo. Nessuno lo sa, nemmeno i dottori che mi seguono.
Un team di ricercatori di fama internazionale, conosciuti per caso (di nuovo!), che studia le relazioni tra attività fisica e diabete si è detto interessato a seguirmi. É l’occasione per uno studio scientifico degli effetti sul diabete di un trekking di lunghissima durata e del relativo training. Adoro fare la cavia umana!
Per prepararmi all’avventura il mio allenatore di nuoto ha cominciato anche a prepararmi nella corsa. Non è proprio il mio sport naturale. Sono pesante, massiccio, gambe a X. Avevo già corso in passato ma senza troppo impegno e comunque all’epoca in cui non sapevo assolutamente nulla di come un diabetico possa correre senza rischiare di svenire per strada per un’ipoglicemia improvvisa.
Questa volta è andata molto meglio. L’allenamento nel nuoto è servito parecchio e l’esperienza ormai accumulata nella gestione delle glicemie dà i suoi frutti. Le prime settimane sono state difficili, fatte di prove, errori, tentativi infruttuosi, e qualche volta sono stato vicino a gettare la spugna. Certo che la corsa è veramente uno sport intenso e mette a dura prova il metabolismo del glucosio. Proprio quello che non mi funziona!
Ma l’obiettivo del trekking tra pochi mesi mi ha spinto a continuare. Ho cominciato ad allenarmi tutti i giorni tra nuoto, corsa, camminate in montagna. Ogni tanto raggiungo il mio limite e mi sento uno straccio. Gradualmente però le cose migliorano.
Comincio a godere anche della corsa, vedendo che l’impegno mi ripaga e lentamente è sempre meno fatica e sempre più piacere.
Sto già pensando al trail running… So che è prestino… Per ora sono solo parole ed un’idea in testa, ma sono deciso a esplorarle! Dopotutto mi piace la montagna, mi piace correre, perché non mettere le cose assieme? Oltretutto odio l’asfalto…
Nuovi progetti, ma prima mi voglio concentrare su Project D!
Tanto per cominciare l’equipe scientifica vuole sapere quale sia la mia condizione fisica, all’inizio dell’allenamento dedicato.
Mi seguiranno durante l’allenamento, prima della partenza ed al ritorno dal Cammino.
Lungo il trekking raccoglierò molti dati come le glicemie in continuo, l’alimentazione, lo stato metabolico, le distanze percorse e le velocità tenute per verificare cosa accadrà al mio metabolismo.
Sono mosso dalla voglia di solitudine, dalla ricerca dei miei limiti, dalla voglia di conoscermi meglio e di capire meglio la mia malattia, dalla possibilità o dall’illusione di poter essere anche, per uno solo, un’ispirazione. E se no pace. Sarà solo una splendida avventura.

Per chi ha avuto la pazienza di seguirmi fino alla fine un augurio di buon anno, e buone sfide da affrontare!

 

di Ivan Ferrario

A physical and mental journey to explore my limits

da ProjectD’s Blog