Un mix di farmaci può risolvere le complicanze gravi da impianto di protesi ortopediche

Uno studio milanese, pubblicato sulla rivista “Plos One”, ha individuato una combinazione di farmaci contro le infezioni che possono colpire in modo grave i pazienti diabetici dopo l’impianto di protesi ortopediche. La ricerca, firmata da Lorenzo Drago del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’università Statale di Milano, in collaborazione con l’Irccs Istituto ortopedico Galeazzi e l’Istituto farmacologico Mario Negri, è stata rilanciata oggi dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) attraverso il proprio sito internet.

In particolare, i ricercatori hanno dimostrato nei topi l’efficacia di un mix contro queste complicanze. Abbinando un antibiotico e un farmaco vasodilatatore, l’infezione regredisce in 9 animali trattati su 10. “Nei pazienti diabetici – ricorda l’Aifa – le infezioni delle protesi, oltre a determinare spesso il fallimento dell’impianto, sono purtroppo caratterizzate da una elevata mortalità”.

Utilizzando modelli animali diabetici (topi) con infezioni protesiche sperimentalmente indotte da Stafilococco aureo, uno dei germi più aggressivi e temuti in ambito sanitario, i ricercatori hanno sperimentato con successo l’associazione tra la terapia antibiotica e un vasodilatatore. Lo studio, che si è avvalso di indagini ematologiche, di microtomografia computerizzata e di avanzate tecniche microbiologiche, ha evidenziato come la combinazione di una cefalosporina con un vasodilatatore, la prostaglandina PgE1, sia più efficace nel contrastare la colonizzazione batterica. Circa il 90% degli animali trattati con questa associazione ha presentato una regressione dell’infezione.“Secondo gli studiosi – spiega la nota dell’Aifa fornendo la sintesi dei risultati dello studio -, si tratta di un grande passo avanti, che potrà aprire nuovi scenari sia per studiare più in profondità i meccanismi attivati dai vasodilatatori nel prevenire l’osteomielite e la colonizzazione batterica del sito infetto, sia per valutare nuove strategie terapeutiche direttamente nel paziente diabetico”.

 

da quotidianosanità.it