Speciale Easd 2014. Diabete, in Italia il 50% dei malati è schiacciato dal peso piscologico della malattia
La paura di un futuro incerto e l’ansia di incorrere nell’incubo dell’ipoglicemia. Ma anche discriminazione e una qualità di vita sempre più difficile da mantenere. Il diabete impatta negativamente sulle salute fisica delle persone colpite, con ripercussioni negative sul proprio benessere emotivo. Si chiama “distress” lo status che colpisce i pazienti con diabete, schiacciati dal peso psicologico della malattia che li accompagnerà per tutta la vita.
Uno status che colpisce un malato su due in Italia. Un dato più alto rispetto al 40% registrato in media in Europa.
È una vita decisamente in salita quella che fotografano i dati dello studio Dawn2, discusso oggi a Vienna in occasione del 50° congresso annuale dell’Easd (European Association for the Study of Diabetes) e che confermano gli scenari presentati all’Idf World diabetes congress di Melbourne. Uno studio internazionale – frutto della collaborazione tra la Federazione Internazionale del Diabete, le organizzazioni internazionali dei pazienti, altri partner nazionali, regionali e globali e il supporto di Novo Nordisk – che ha coinvolto in totale 15.438 persone in 17 paesi dei 4 continenti valutando per la prima volta non solo le persona con diabete ma anche il punto di vita dei familiari e degli operatori sanitari. Sono stati infatti coinvolti circa 8.600 malati di diabete, 2mila familiari e circa 4.800 operatori sanitari.
“Emerge un chiaro quadro di disagio – ha spiegato Antonio Nicolucci, responsabile del Dipartimento di farmacologia clinica ed epidemiologia della Fondazione Mario Negri Sud – il 40% dei pazienti italiani afferma che la terapia farmacologica quotidiana impedisce di vivere una vita normale, mentre in Paesi come Olanda e Germania il problema è avvertito solo da un paziente su 5, il 18% presenta segni di lieve depressione. E sono le donne le più esposte. Uno su 5, in linea con il resto del campione a livello internazionale, si sente discriminato a causa della sua condizione. Dato confermato anche dal 25% dei familiari e dagli stessi operatori sanitari”.
Ma il distress non colpisce solo i malati. Tutte le problematiche vissute dai diabetici si riverberano anche sui familiari dei pazienti. E così il 51% evidenzia alti livelli di stress e preoccupazione, il 64% teme il rischio di eventi ipoglicemici, il 27% desidererebbe essere maggiormente coinvolto nella cura, il 31% si sente frustrato dal fatto di non conoscere il modo migliore per dare una mano. Eppure solo uno su 5 è coinvolto in attività formative.
“L’assistenza italiana è buona se valutata su parametri metabolici, ma non possiamo pensare che questo si trasferisca automaticamente sulla qualità di vita dei pazienti – ha sottolineato Salvatore Caputo, presidente di Diabete Italia – tant’è che il paziente italiano denuncia costantemente le difficoltà di accesso ai farmaci da regione a regione”.
Lo spettro dell’ipoglicemia. “Il 60% delle persone con diabete – ha aggiunto Nicolucci – teme il rischio di ipoglicemia, in particolare durante la notte con tutto il corredo di problematiche connesse, dall’impatto negativo su attività lavorativa, vita sociale, guida, pratica sportiva, tempo libero, sonno, sino alla tendenza emersa da diversi studi che hanno documentato come chi abbia avuto esperienza di ipoglicemia, specie se grave, tenda a diminuire l’adesione alla terapia e agli stili di vita raccomandati riportando un perverso circolo vizioso”.
Una criticità importante spesso non riportata dai pazienti al proprio medico. Un caso di ipoglicemia su due per malati di diabete 1 e uno su 5 per malati di diabete 2 passa, infatti, inosservato come emerge dallo studio Hypoglycaemia Assestment Tool (Hat) condotto su 27mila pazienti e presentato oggi all’Easd.
Ma una risposta potrebbe arrivare a breve con l’entrata in commercio della “nuova insulina” già autorizzata dall’Ema, caratterizzata da durata d’azione superiore alle 24 ore e un effetto distribuito uniformemente nel corso della giornata. “L’insulina degludec – ha spiegato Simona Frontoni, Responsabile diabetologia del Fatebenefratelli di Roma – riduce significativamente le ipoglicemie (-25%) rispetto alla glargine. Inoltre consente grande flessibilità nei tempi di somministrazione”.
Bisognerà invece attendere ancora per la nuova incretina analogo del Glp1 che potrà essere assunta settimanalmente: gli studi sono attualmente in fase III, mentre sono in fase II quelli per l’assunzione orale.
“Una persona con diabete – ha spiegato Salvatore Caputo, Presidente di Diabete Italia – nella sua vita compie fino a un milione di azioni come controllo glicemia, assunzione farmaci e visite mediche. Non c’è quindi da stupirsi se dopo un anno di terapia, un malato cronico su due non assume i farmaci in modo corretto, in genere perché se ne dimentica. L’assunzione settimanale e orale potrebbero quindi costituire una svolta nell’aderenza terapeutica”.