Progressi nel trapianto di isole per il diabete di tipo 1

Sebbene testata solo su un paziente, una “camera” speciale potrebbe consentire l’infusione di isole pancreatiche senza l’uso di farmaci antirigetto

Usando una “camera” appositamente progettata, un team di scienziati internazionali ha effettuato un trapianto di isole in un paziente affetto da diabete di tipo 1.

La nuova tecnica ha permesso di evitare di ricorrere all’uso di farmaci immunosoppressori, permettendo alle isole trapiantate di funzionare e di produrre insulina. In teoria, la camera ha “nascosto” le isole trapiantate al sistema immunitario del paziente, hanno spiegato i ricercatori.

Le isole pancreatiche si trovano nel pancreas. Una delle funzioni chiave di queste cellule è quella di produrre insulina, un ormone determinante per metabolizzare i carboidrati presenti nel cibo. Nelle persone con diabete di tipo 1, malattia autoimmune, le isole vengono distrutte dal proprio sistema immunitario.

“Per trapiantare nuove isole, finora, la risposta immunitaria nei confronti delle cellule estranee è sempre stata bloccata attraverso l’immunosoppressione” ha spiegato il co-autore dello studio Dr. Norman Block.

Ora,  il Dr. Stefan Bornstein “ha trovato un modo per impiantare le isole estranee e proteggerle senza ricorrere agli immunosoppressori”.

I farmaci usati per inibire il sistema immunitario possono presentare rischi importanti ed effetti collaterali.

Lo studio è stato pubblicato il 28 Ottobre su “Proceedings of the National Academy of Sciences”.

A causa delle cellule beta non funzionanti, le persone con diabete di tipo 1 non producono più insulina, ormone indispensabile per sopravvivere. Quindi devono ricorrere alla terapia multiinettiva o al microinfusore.

Ottenere la normoglicemia è difficile. Se c’è troppa insulina in circolo, la glicemia rischia di abbassarsi pericolosamente al punto che nei casi più gravi si può arrivare anche a perdita di coscienza e persino alla morte. Poca insulina significa invece iperglicemia, cioè elevati livelli di zucchero nel sangue che col tempo possono portare allo sviluppo di complicanze, come la retinopatia e nefropatia.

I corretti livelli di insulina per un diabetico variano da persona a persona e dipendono da diverse variabili: peso corporeo, quantità di carboidrati assunti, indice glicemico degli alimenti, attività fisica, stress, ecc.

Dato che fino ad ora i trapianti di isole sono sempre stati seguiti da una terapia immunosoppressiva, tale procedura ad oggi è limitata solo ai pazienti che hanno difficoltà nel controllare il diabete e sono soggetti a ripetute ipoglicemie inavvertite che mettono in pericolo la vita. Gli immunosoppressori hanno possibili effetti colatterali quali il rischio di infezioni e alcuni tipi di tumori.

Per cercare di rendere questa terapia disponibile ad un numero maggiore di pazienti, i ricercatori hanno progettato una “camera” semi-permeabile che protegga le isole pancreatiche con la speranza che il sistema immunitario non sia in grado di “accorgersi” delle nuove cellule estranee.

Tuttavia, quando le isole pancreatiche vengono trapiantate per la prima volta, non possono ancora contare né sull’afflusso di sangue né su una normale ossigenazione dato che sono “nascoste” nella camera. Per questo, la versione attuale dello strumento ha una valvola per l’ossigeno all’esterno del corpo collegata alla camera tramite un tubicino per far sì che questa venga ricaricata quotidianamente dal paziente stesso per circa un paio di mesi, ha spiegato Block.

Lo strumento è stato impiantato nel corpo di un uomo di 63 anni, diabetico di tipo 1 da ben 54 anni, normopeso e senza nessuna seria complicanza legata al diabete.

L’analisi del Peptide-C ha confermato che l’uomo non produceva più insulina. Il Peptide-C è lo specchio della produzione insulinica e a volte viene preso in considerazione per valutare il successo o meno di certe terapie in studi scientifici.
In breve, se i livelli del Peptide-C aumentano, significa che la produzione insulinica è aumentata.

Dopo il trapianto, il ricevente ha avuto modesti incrementi dei livelli del Peptide-C,  e sia i livelli di Peptide-C sia l’ insulina (endogena) sono aumentati in risposta ad un’iniezione di glucosio (glucosata). Col tempo, il suo controllo glicemico è leggermente migliorato, così come è diminuito il suo fabbisogno insuinico ma non al punto di ottenere l’insulinoindipendenza.

Tuttavia, il dato interessante è che dopo 10 mesi dal trapianto, non c’era alcun segno che il sistema immunitario avesse individuato le nuove cellule. Non c’era alcun segno di rigetto, e nessun segnale di un attacco da parte del sistema immunitario verso le nuove isole.

Per questo trapianto sono state utilizzate circa la metà delle isole pancreatiche che normalmente vengono infuse in un trapianto di isole. “Avevamo solo un numero limitato di cellule beta disponibili da questo pancreas” ha spiegato Block, professore e direttore clinico dell’Endocrine Polypeptide and Cancer Insitute at the Veterans Affairs Medical Center Research Service, di Miami.

La scarsa disponibilità di isole da trapiantare rappresenta al giorno d’oggi un altro limite per la diffusione su larga scala del trapianto di isole. Block ritiene che la tecnica usata in questo studio potrebbe aiutare a risolvere anche questo problema.

Poi ha aggiunto: “Dato che la camera protegge le isole da un eventuale attacco immune, non importa se si usino isole umane o suine (dei maiali). Lo xenotrapianto potrebbe rappresentare un passo importante in futuro e consentirebbe di avere una disponibilità illimitata di isole pancreatiche che producano insulina”

Lo xenotrapianto comprende ogni procedura in grado di trapiantare cellule, tessuti o organi da un animale ad un uomo, secondo la definizione della FDA.

Un’ esperta di diabete non coinvolta direttamente nello studio ha definito questa scoperta “entusiasmante”.

“Hanno dimostrato la capacità di mantenere la funzionalità pancreatica senza immunosoppressione” ha detto Julia Greenstein, della JDRF.

Ma ha aggiunto, “Lo studio è stato testato su un solo paziente e il livello del peptide-C era decisamente troppo basso per sperare che il trapianto avesse un impatto significativo sulla situazione clinica del ricevente. Lo scopo del trapianto è la normalizzazione della glicemia o l’insulino indipendenza. Nessuno dei due è stato raggiunto in questo studio”

“Comunque questo studio è un primo passo verso lo sviluppo di un approccio in grado di ripristinare la funzionalità insulinica in una persona con diabete di tipo 1” ha ribadito la Greenstein.

 

Traduzione di Alessandro Cecconi

 

Da Hon News