Perdita di peso, l’alimentazione emotiva può contrastare l’effetto dimagrante dei GLP-1 agonisti

Non tutte le persone che vengono trattate con GLP-1 agonisti come terapia contro l’obesità perdono effettivamente peso e questo può essere in parte spiegato dal comportamento alimentare emotivo, secondo quanto emerso da una ricerca pubblicata sulla rivista Psychoneuroendocrinology.

Usati per trattare il diabete di tipo 2 e l’obesità, i GLP-1 agonisti riducono la glicemia stimolando la secrezione di insulina e inibendo il rilascio di glucagone, oltre a favorire la perdita di peso sopprimendo la segnalazione dell’appetito a livello centrale e aumentando la sensazione di sazietà. Tuttavia, per ragioni che non sono chiare, non tutti gli individui perdono peso durante la terapia.

Mangiare per alleviare le emozioni negative
L’alimentazione emotiva è la tendenza a mangiare in risposta alle emozioni negative per alleviare lo stress, spesso ignorando i segnali fisiologici di sazietà. Punteggi elevati nelle misure di alimentazione emotiva sono associati all’obesità, a una minore perdita di peso derivante da interventi come la chirurgia bariatrica e al recupero del peso perso in precedenza.

I punteggi emotivi alimentari sono anche associati ad alterazioni cerebrali in aree di elaborazione della ricompensa, come l’amigdala, la corteccia cingolata anteriore, la corteccia orbitofrontale e l’insula, hanno spiegato i ricercatori.

«È stato suggerito che circa il 60% delle persone obese sono anche mangiatori emotivi, soprattutto le donne, anche se non si conoscono i numeri esatti» ha affermato il primo autore Charlotte van Ruiten del Diabetes Center all’Amsterdam University Medical Center, nei Paesi Bassi.

Studio su persone obese con diabete
Lo studio crossover randomizzato ha incluso 20 soggetti di età compresa tra 40 e 65 anni con diabete di tipo 2 trattati con metformina, tutti con un indice di massa corporea (BMI) superiore a 26 kg/m2. I partecipanti sono stati trattati per periodi di 12 settimane con liraglutide 0,6-1,2 mg/die per via sottocutanea o insulina glargine, separati da un periodo di washout di 12 settimane.

Tra i diversi metodi per misurare l’alimentazione emotiva è stato utilizzato il Dutch Eating Behavior Questionnaire (DEBQ). La risonanza magnetica funzionale è stata effettuata dopo 10 giorni e dopo 12 settimane di trattamento per valutare le risposte del cervello ai segnali alimentari in base al comportamento alimentare basale durante i due periodi.

L’alimentazione emotiva riduce l’effetto di liraglutide 
Dopo 10 giorni di trattamento, i punteggi DEBQ di alimentazione emotiva più elevati al basale erano associati a riduzioni indotte da liraglutide inferiori rispetto all’insulina glargine nelle risposte cerebrali a immagini di cibo rispetto alle immagini non alimentari nell’amigdala sinistra (P=0,011) e nel nucleo caudato sinistro (P=0,023). Risultati simili sono stati osservati con immagini di cibo ad alto contenuto calorico rispetto a quelle non alimentari nell’amigdala sinistra (P=0,025) e nell’insula destra (P=0,048).

Quando è stato somministrato latte al cioccolato da bere rispetto a una soluzione insapore, i soggetti con punteggi alimentari emotivi basali più elevati hanno mostrato aumenti delle risposte cerebrali indotte da liraglutide meno pronunciati rispetto a insulina glargine nel nucleo caudato sinistro (P=0,069) e nell’insula sinistra (P=0,072).

Dopo 12 settimane, queste associazioni non erano più significative.

«I risultati che abbiamo ottenuto potrebbero valere anche per altri farmaci per la riduzione del peso che inducono un senso di sazietà attraverso il sistema nervoso centrale, considerato che anche chi si alimenta in modo emotivo risponde con una minore perdita di peso dopo la chirurgia bariatrica» ha commentato van Ruiten. Potremmo prevedere risposte simili anche nelle persone obese che non hanno il diabete di tipo 2, forse anche più pronunciate. Sarebbe anche interessante scoprire se potremmo ottenere una maggiore perdita di peso con la dose più alta di liraglutide, 3,0 mg/die, che non era disponibile quando è stato condotto lo studio».

«Se la perdita di peso con questa classe di farmaci è inferiore al previsto, i medici dovrebbero eseguire uno screening del comportamento alimentare, inclusa la valutazione dell’alimentazione guidata dall’emotività» hanno suggerito gli autori. «Per queste persone potrebbe essere meglio passare a un altro farmaco, come un SGLT2 inibitore, oppure affrontare il loro problema alimentare. I processi terapeutici dovrebbero porre l’accento sulle capacità di alimentarsi in modo consapevole, associato a una minore disregolazione emotiva e a un minore desiderio di cibo legato allo stato emotivo».

Altri comportamenti alimentari possono influenzare l’efficacia dei GLP-1 agonisti
Risultati simili sono stati osservati in ulteriori analisi condotte su altri due comportamenti alimentari associati all’obesità valutati con il DEBQ, ossia l’alimentarsi con moderazione (restraint eating), in cui la persona controlla cognitivamente l’assunzione di cibo per controllare il peso corporeo, e l’external eating, in cui si verifica una maggiore tendenza a mangiare in risposta a segnali esterni, come la vista o l’odore del cibo.

«Anche l’external eating può ridurre gli effetti del trattamento con GLP-1 agonisti, al contrario del consumo con moderazione. Queste intuizioni possono aiutare a ottimizzare le strategie di trattamento per l’obesità e a selezionare i gruppi di pazienti nei quali questi farmaci avrebbero la maggiore efficacia» hanno scritto gli autori.

«Riteniamo che il cibarsi in modo emotivo e altri comportamenti alimentari siano sempre più riconosciuti, dal momento che ci sono diversi studi che stanno valutando questo problema. Tuttavia il legame con la pratica clinica è ancora poco riconosciuto, poiché lo screening o il trattamento dei comportamenti alimentari non sono ancora adeguatamente implementati» hanno concluso.

Bibliografia

van Ruiten CC et al. Eating behavior modulates the sensitivity to the central effects of GLP-1 receptor agonist treatment: a secondary analysis of a randomized trial. Psychoneuroendocrinology, Volume 137, 2022, 105667, ISSN 0306-4530.

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