Pancreas danneggiato, infuse cellule nel fegato per evitare il diabete

Un pancreas talmente danneggiato da rendere inefficace anche l’intervento d’urgenza effettuato nel tentativo di salvare l’organo, i cui enzimi, fuoriusciti, stavano ormai «digerendo» anche gli altri organi; una ragazza di 18 anni appena compiuti in condizioni critiche, che, a causa di un incidente in motorino che le aveva schiacciato il pancreas, avrebbe avuto, proprio a causa dell’organo gravemente danneggiato e che era necessario asportare, un rischio altissimo di comparsa di diabete nel giro di poco tempo: sono state queste le condizioni che hanno spinto gli specialisti dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ad effettuare un autotrapianto che a Bergamo non era mai stato realizzato: l’infusione di isole pancreatiche, anche definite isole di Langerhans, che sono costituite da aggregati di cellule che presiedono al metabolismo del glucosio, perché contengono le cellule beta che producono insulina.

Il trauma stradale

A seguire in prima linea il caso di questa giovanissima bergamasca, vittima di un trauma stradale alcune settimane fa, il Dipartimento insufficienza d’organo e trapianti diretto da Michele Colledan e la Radiologia interventistica che fa capo dalla Radiologia diagnostica per immagini 1 diretta da Sandro Sironi, che è docente ordinario di Radiodiagnostica all’Università di Milano Bicocca.

«La paziente diciottenne è arrivata in ospedale per un grave trauma in un incidente in scooter: nell’impatto il manubrio aveva compresso l’addome e il pancreas, che è una ghiandola oblunga che si trova immediatamente davanti alla colonna vertebrale, è rimasto schiacciato tra il manubrio dello scooter e la schiena. L’organo si era in pratica come spezzato – sottolinea Michele Colledan –. Siamo intervenuti dopo che la giovanissima paziente era stata portata in Terapia intensiva ed è emerso che c’erano gravi danni al pancreas, con un problema di enzimi e di glicemia elevatissima. Il pancreas ha una duplice funzione: esocrina perché secerne gli enzimi, immessi nell’intestino, necessari per la digestione di carboidrati, proteine e grassi; endocrina, perché immette nel sangue l’insulina prodotta dalle isole di Langerhans che serve per il metabolismo del glucosio. Il pancreas della ragazza era gravemente danneggiato: gli enzimi secreti stavano già letteralmente mangiando gli altri organi. Siamo intervenuti in urgenza, nel tentativo di salvarle una parte di pancreas, ma la procedura chirurgica non ha dato gli esiti sperati. Viste le condizioni critiche della paziente, è stato quindi necessario asportare gran parte dell’organo. Quella minima parte rimasta però, non poteva produrre sufficiente insulina. E i pazienti che subiscono, per tumore o per cause traumatiche, asportazioni consistenti di pancreas sono ad altissimo pericolo di sviluppare in tempi brevi una grave forma di diabete. Non si poteva correre questo rischio su una ragazza così giovane».

Si è deciso quindi di attivarsi per un autotrapianto delle isole pancreatiche: una procedura, spiega Colledan, che vede l’Irccs San Raffaele di Milano in prima linea per comprovata esperienza. «Per il nostro ospedale, questa reinfusione è avvenuta per la prima volta», rimarca Colledan.

Il «lavaggio» in laboratorio

Ad effettuare l’autotrapianto delle isole di Langerhans è stata la Radiologia interventistica. «Ci siamo attivati anche grazie ai contatti che abbiamo con il San Raffaele, dove ho lavorato in precedenza e mantenuto contatti stretti con diversi colleghi – spiega Paolo Marra, responsabile della Radiologia interventistica –. Questa tecnica viene utilizzata al San Raffaele da diverso tempo per i pazienti che rischiano di sviluppare diabete dopo danni al pancreas di origini traumatiche o in seguito a interventi chirurgici, per esempio per un tumore. Si può procedere con un autotrapianto o anche con l’infusione delle isole pancreatiche prelevate da un donatore.

In questo caso l’autotrapianto, effettuato dal collega Riccardo Muglia, è stato possibile perché il danno subito non riguardava il tessuto endocrino. Sono state quindi prelevate e isolate queste cellule, attraverso il prelievo del tessuto endocrino, inviate al San Raffaele dove in laboratorio sono state purificate per scongiurare rischi di infezione. La reinfusione delle cellule avvenuta qui al “Papa Giovanni”, è effettuata attraverso la vena porta, le cellule poi si installano nel fegato e da qui continuano a produrre l’insulina necessaria. È una procedura che può sicuramente portare qui al “Papa Giovanni”, viste le elevate competenze, a un avvio di un programma di trapianti di cellule pancreatiche in casi particolari, per chi ha subito resezioni del pancreas per tumore o a seguito di un trauma, per esempio».

Nessun rigetto

La ragazza, intanto, sta recuperando bene, è ancora ricoverata «ma ora il controllo delle glicemia è soddisfacente, siamo ottimisti. Dovrà assumere speciali integratori per la digestione ma non immunosoppressori perché le cellule infuse sono sue e non c’è rischio di rigetto – evidenzia Colledan –. Abbiamo scongiurato il rischio di diabete in tempi brevi e per una ragazza così giovane è importante: il diabete è una patologia subdola».

 

da L’Eco di Bergamo

 

FOTO da L’Eco di Bergamo
Un momento dell’infusione: da sinistra Silvia Bolognini, infermiera (di spalle), Antonio Celestino, specializzando, Paolo Marra, radiologo, Rita Nano tecnica del San Raffaele, Riccardo Muglia, radiologo

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