Linagliptin efficace nei diabetici nefropatici

In uno studio appena presentato al congresso dei diabetologi americani (ADA), a San Diego, il trattamento con l’inibitore della DPP-4 linagliptin (Tradjenta, Boehringer Ingelheim) per 12 settimane ha portato a un calo significativo rispetto al placebo dell’emoglobina glicata (HbA1c) in pazienti affetti da diabete di tipo 2 (DT2) con grave danno renale e un insufficiente controllo glicemico. 

Nel trial, presentato da Lance Sloan, del Texas Institute for Kidney and Endocrine Disorders di Lufkin, si è infatti osservata una riduzione dell’HbA1c di 0,76 punti percentuali nel gruppo trattato col farmaco contro 0,18 punti percentuali nel gruppo placebo (P < 0,0001).

La compromissione della funzionalità renale è una complicanza comune del DT2, ma la gestione della malattia diabetica nei pazienti con danno renale è complessa e le opzioni terapeutiche disponibili sono poche. Diversi ipoglicemizzanti orali, per esempio la metformina, non si possono utilizzare per problemi di sicurezza e tollerabilità e alcuni provocano effetti collaterali come ritenzione idrica o ipoglicemia, che limitano l’efficacia della terapia.

Per questo, Sloan e i suoi collaboratori, hanno deciso di mettere alla prova in questa popolazione linagliptin (approvato in maggio dall’Fda e fresco di assenso anche da parte del Chmp dell’Ema) arruolando 133 pazienti che presentavano valori di glicata tra il 7 e il 10% e una nefropatia grave, con una velocità stimata di filtrazione glomerulare (eGFR) tra i 23 e i 24 ml/min/1,73 m2.

Un vantaggio importante di questo farmaco è che non richiede un aggiustamento del dosaggio nei pazienti con disfunzione renale grave.
I partecipanti sono stati trattati con linagliptin 5 mg o placebo una volta al giorno in aggiunta alla terapia antidiabetica di base già in atto.
Nel sottogruppo di pazienti con diabete scarsamente controllato, cioè quelli con un valore di HbA1c pari al 9% o superiore, il trattamento con linagliptin si è associato a una riduzione dell’1,46% di HbA1c rispetto al basale contro lo 0,28% nei pazienti trattati con placebo.

La frequenza degli eventi avversi è stata dell’85,3% nel gruppo linagliptin e del 70,8% nei controlli; quella degli eventi avversi del 13,2% nel gruppo in trattamento attivo e del 4,6% nel gruppo placebo. Episodi di ipoglicemia grave si sono verificati nel 3% dei pazienti trattato con farmaco, ma in nessuno dei pazienti trattati con placebo.

Sloan ha riferito che la maggior parte dei casi di ipoglicemia verificatisi nei pazienti del gruppo linagliptin sono stati prevalentemente asintomatici o di lieve intensità e potrebbero essere legati al fatto che la terapia ipoglicemizzante di fondo – rappresentata nella maggior parte dall’insulina – non è stata cambiata, così come richiesto dal protocollo dello studio.

Il trattamento con linagliptin non ha invece provocato variazioni dei parametri di funzionalità renale e dei livelli ematici di potassio. Inoltre, l’ipoglicemizzante si è dimostrato sicuro dal punto di vista cardiovascolare. 
Nei pazienti trattati col farmaco, infatti, si è registrato un decesso per cause cardiache, mentre nei controlli se ne sono verificati tre.
Sloan ha detto che questo studio è il primo a d aver valutato la sicurezza e l’efficacia di un inibitore della DPP-4 esclusivamente in pazienti con insufficienza renale grave.

Secondo David Kendall, direttore scientifico e medico dell’ADA, i risultati del trial suggeriscono che linagliptin si può somministrare in sicurezza nei pazienti diabetici con nefropatia. “Più è grave la compromissione renale” ha ricordato l’esperto “minori sono le probabilità di poter utilizzare la metformina, per motivi di sicurezza. Linagliptin ci offre invece una possibilità di trattamento in questi pazienti”.

L. Sloan, et al. Safety and efficacy of linagliptin in type 2 diabetes patients with severe renal impairment. ADA 2011; abstract 0413-PP. Diabetes 2011; 60 Supplement (1) A114.
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da Pharmastar.it