Le donne hanno più complicanze

Hanno pari opportunità di fronte alle cure, ma non riescono a controllare bene la malattia e hanno più complicanze cardiovascolari rispetto agli uomini: il diabete di tipo 2 discrimina le donne. Secondo dati Istat del 2011, in Italia le donne con diabete sono 1,5 milioni, più o meno come gli uomini, ma rispetto a loro, le connazionali sono meno giovani (il 30 per cento ha un’età superiore ai 75 anni contro il 20 per cento degli uomini) e convivono con la malattia da più tempo, 11 anni rispetto ai 10 dell’uomo. È quanto emerge dal «Rapporto sulle differenze di genere nel diabete», redatto dal Gruppo Donna dell’Associazione Medici Diabetologi e fanno riferimento ai pazienti seguiti in oltre 230 servizi di diabetologia (un terzo di quelli italiani) su tutto il territorio nazionale.

MENO CONTROLLI – «Il controllo metabolico della malattia nelle donne – spiega Valeria Manicardi, consigliere del Gruppo Donna dell’Associazione Medici Diabetologi (Amd) – non è accurato nel 58 per cento dei casi, rispetto al 54 per cento degli uomini, e questo vuole dire che l’HbA1c (l’emoglobina glicosilata, parametro che valuta se la glicemia è sotto controllo) risulta superiore al 7 per cento. Anche colesterolo Ldl e pressione risultano più elevati». È evidente che questo minor controllo aumenta il rischio di andare incontro alle complicanze della malattia. «Una donna con diabete ha una probabilità di infarto 3-5 volte maggiore rispetto all’uomo diabetico — spiega Valeria Manicardi — e un rischio di malattie cardiache e disturbi della circolazione di tre volte superiore rispetto a una donna non diabetica di pari età e peso, mentre per l’uomo con diabete questi rischi aumentano “solo” di due volte».

SOVRAPPESO – Altri fattori che penalizzano le donne sono il sovrappeso e l’obesità, condizioni che non aiutano nella prevenzione delle complicanze. Il loro indice di massa corporea medio si aggira attorno a 30 contro il 29 degli uomini. Tutti questi dati sono confermati anche da un altro studio chiamato «Riace» («Renal insufficiency and cardiovascular events italian multicenter study») presentato recentemente al Congresso della Società Italiana di Diabetologia (Sid). «È sul girovita che si registrano le differenze più evidenti — aggiunge Stefano Del Prato, presidente della Sid —. Il 20 per cento dei diabetici maschi riesce a mantenere la circonferenza addominale al di sotto della prima soglia di rischio che è pari a 94 centimetri (il limite massimo è 102, oltre il quale il rischio aumenta a dismisura), mentre solo l’1 per cento delle donne ha un girovita inferiore a 80 (è cioè sotto la soglia di pericolo). Tutto questo indica che le diabetiche sono molto più distanti dall’obiettivo di controllo delle conseguenze cardiovascolari della malattia e sono più fragili e difficili da gestire».

LE IPOTESI – Le donne hanno invece la meglio quando si parla di fumo, implicato nel danno ai piccoli vasi sanguigni e, quindi, nelle complicanze microvascolari: solo una su dieci ha questa abitudine, mentre fuma un uomo su cinque. Le donne, però, sono curate come gli uomini anche se fanno qualche esame del sangue in meno (per il colesterolo e trigliceridi, ad esempio, sempre secondo i dati del Gruppo Donna). Come spiegare allora il gap? «È possibile che questo possa dipendere da una diversa risposta di genere ai farmaci — spiega Titti Suraci, consigliere del Gruppo Donna Amd —. Ci possono anche essere differenze biologiche nello sviluppo della malattia e delle sue complicanze. Non sembra invece da attribuire a una scarsa aderenza alla cura: le donne, di solito, sono attente a seguire le prescrizioni del medico». Non è dello stesso parere Giuseppe Pugliese, coordinatore dello studio «Riace» che puntualizza: «Le donne hanno un ruolo sociale molto impegnativo e questo potrebbe far sì che le terapie, prescritte adeguatamente, non siano seguite accuratamente».

 

 

da Corriere della Sera – Cardiologia