La terapia iniettiva in età scolare

Crescere con il diabete tipo 1 non è facile, e questo è particolarmente vero per un bambino o un ragazzo che va a scuola. Orari diversi, tante attività, anche extra-scolastiche, necessità di grande flessibilità. Gestire la terapia insulinica in questa situazione non è facile. Tutti sapete, infatti, come l’obiettivo principale della terapia del diabete tipo 1 sia quello di mantenere il più possibile vicino alla norma i valori della glicemia (soprattutto per evitare la comparsa della complicanze, siano esse acute – ipoglicemia e chetoacidosi – o croniche -micro e macro-angiopatiche), permettendo al bambino di mantenere una buona qualità di vita.
Prendersi cura di un bambino con diabete tipo 1 rappresenta, quindi, una continua sfida per il medico (e, ovviamente, per il bambino e la sua famiglia), soprattutto se pensiamo all’età scolare. La somministrazione di insulina dall’esterno compensa l’assenza di produzione endogena, con il tentativo di riprodurre le modalità di secrezione fisiologica dell’insulina. I più moderni schemi di terapia prevedono una dose basale (che dovrebbe sostituire il fabbisogno utile a mantenere le funzioni, appunto, di base) e dosi di insulina maggiori, adattate all’apporto di carboidrati introdotto con i pasti. Il fabbisogno insulinico (quantità di insulina necessaria nella giornata) si calcola generalmente in base ad età, peso corporeo e condizione puberale. Si possono identificare obiettivi di glicemia, differenti in funzione dell’età del bambino, basati sull’evidenza che un buon controllo si traduce in un minor rischio di sviluppare le complicanze legate al diabete. In generale si identificano come livelli desiderabili di emoglobina glicata (indice del compenso glicemico medio) valori inferiori a 7-7.5%.
Il raggiungimento di un buon controllo glicemico si avvale di una stretta collaborazione tra paziente e medico, il quale deve elaborare uno schema terapeutico individualizzato in relazione agli stili di vita, aspetti clinici e necessità del bambino/adolescente. Le formulazioni attualmente in commercio consentono una sufficiente personalizzazione degli schemi proposti, e questo è sicuramente un vantaggio per i pazienti, soprattutto dopo che dalla fine degli anni ’90 sono disponibili i cosiddetti ‘analoghi’ dell’insulina.
Le formulazioni attualmente in commercio si distinguono in base alla durata d’azione in:
– analoghi a lunga durata d’azione: glargine e detemir
– analoghi a breve durata d’azione: lispro, aspart e glulisina

Diversi studi hanno dimostrato che gli analoghi dell’insulina, grazie alle loro peculiari caratteristiche consentono un miglior impatto sia sul controllo della glicemia, sia sulla qualità di vita dei paziente, soprattutto in età scolare, grazie al fatto che diminuiscono alcuni degli effetti avversi della terapia, quali lungo tempo di attesa fra iniezione e messa in circolo dell’insulina, rischio elevato di ipoglicemie in corso di terapia tradizionale. In particolare, gli analoghi lenti assumono la funzione dell’insulina basale, garantendo la copertura delle necessità di base, e rappresentando di solito circa il 50% della dose totale di insulina giornaliera. Essi presentano un profilo d’azione abbastanza costante e meglio prevedibile rispetto all’insulina tradizionale. In particolare detemir, rispetto alle formulazioni tradizionali, presenta il vantaggio di aiutare la perdita di peso o almeno contribuisce a ridurre l’incremento ponderale che normalmente si associa ai regimi terapeutici con insulina.
Gli analoghi rapidi, usualmente somministrati prima dei pasti principali (ma anche degli spuntini), rappresentano quella quota di secrezione insulinica aumentata che nel soggetto senza diabete si osserva proprio in concomitanza dei pasti. Rispetto all’insulina rapida tradizionale, gli analoghi permettono un minor tempo di attesa fra iniezione e pasto, ma a nostro avviso almeno 15 min sono necessari proprio per permettere all’insulina di svolgere al meglio la sua azione. Un tempo si diceva che fosse possibile iniettare l’insulina anche al termine del pasto (strattagemma molto utile specie nei bambini piccoli, nei quali non sempre l’introito calorico era prevedibile prima di iniziare a mangiare); ora si è visto che iniettando l’insulina dopo il pasto determina iperglicemie post-prandiali spesso superiori a 200 mg/dl (anche se la glicemia preprandiale era nella norma o addirittura bassa).
Un ausilio alla stima precisa e corretta della quantità di insulina pre-prandiale è il conteggio dei carboidrati, grazie al quale stimando la quantità di carboidrati che saranno assunti si può appunto valutare la dose di insulina più appropriata. Un sicuro vantaggio dell’uso degli analoghi rapidi è quello di ridurre il rischio di ipoglicemie notturne, proprio per la loro minore durata d’azione rispetto all’insulina tradizionale e al loro profilo più prevedibile. Nonostante i miglioramenti introdotti dall’utilizzo degli analoghi, nessun regime insulinico che preveda iniezioni multiple giornaliere è purtroppo in grado di riprodurre con precisione il profilo secretorio dell’insulina da parte delle isole pancreatiche, anche se aumentando il numero delle iniezioni permette di coprire al meglio i fabbisogni di ciascuno. Sicuramente la possibilità di sostituire le tradizionali siringhe con comodi stilo-iniettori (conosciuti anche con il più familiare nome di ‘penne’) migliora la compliance dei pazienti, soprattutto in età scolare. Le penne, inoltre, permettono una maggiore accuratezza di dosaggio rispetto alle siringhe, potendo iniettare anche solo mezza unità di insulina per volta. Per concludere, il regime ideale non esiste, ma la grande varietà di insuline fra cui scegliere ci permette di ‘costruire’ per ciascuno la terapia più adatta, e questo non è poco!

 

 

Alessandra De Palma,
Andrea Scaramuzza,
Servizio di Diabetologia,
Malattie del Metabolismo e Nutrizione
Clinica Pediatrica dell’Università di Milano,
Ospedale Luigi Sacco – Milano

 

da Diabete Giovani