La conta dei carboidrati – 3 – Indice glicemico. A cura del Dr Andrea Scaramuzza

L’indice glicemico di un alimento rappresenta un numero da 0 a 100 e oltre, e da l’idea della velocità con la quale il valore di glucosio nel sangue (glicemia) aumenta in seguito all’assunzione di 50 g di quell’alimento.

1. L’indice glicemico viene espresso in termini percentuali rispetto alla velocità con cui la glicemia aumenta in seguito all’assunzione di un alimento ‘campione’ (glucosio o pane bianco). Un indice glicemico pari a 50 indica che l’alimento preso in esame innalza la glicemia con una velocità che è la metà di quella del glucosio (o del pane bianco, a seconda dell’alimento campione preso in considerazione).

2. Negli studi scientifici, infatti, tale valore di riferimento è rappresentato dal glucosio (indice pari a 100), anche se sempre più spesso in letteratura le tabelle vengono costruite in riferimento al pane bianco, un alimento tipico della nostra alimentazione e più vicino alla realtà quotidiana rispetto al classico glucosio. Per calcolare l’indice glicemico rispetto al pane bianco basta moltiplicare l’indice di riferimento per il glucosio per 1,37.

3. Nel 2003 (poi rivista nel 2008) è stata pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition, una tabella aggiornata degli indici glicemici. La vera novità di tale tabella è l’introduzione della variabilità dell’indice glicemico. Le vecchie tabelle riportavano solamente il valore medio degli indici glicemici

calcolati per lo stesso alimento. Questa precisazione è importante e permette di dare conto, appunto, del diverso indice glicemico per un dato alimento.

4. È importante, infatti, sapere che l’indice glicemico può cambiare in base a: varieta’ dell’alimento (in molti casi tale variabilità è modesta, in altri è talmente alta che un valore medio perderebbe di ogni significato, come ad esempio nel caso del riso il cui indice glicemico varia da 48 a112, del pane bianco da 30 a 110, delle patate bollite da 56 a 101).

5. È importante anche il tempo di raccolta e grado di maturazione (un frutto acerbo ha un indice glicemico diverso da un frutto molto maturo).

6. Sono altresì importanti per la definizione dell’indice glicemico la zona geografica di produzione; la modalita’ di produzione; il contenuto di grassi, proteine e fibre (la presenza di questi macronutrienti rallenta la velocità di assorbimento intestinale e la risposta glicemica indotta da un pasto misto è diversa da quella che si può ottenere mangiando solo carboidrati; un pasto misto è digerito più lentamente); conservazione e eventuale essiccazione; metodo di cottura; durata della cottura, ed infine la presenza di amilosio e amilopectina.

7. Come abbiamo già ricordato, il valore cui si fa riferimento per determinare gli indici glicemici dei vari alimenti, è quello del glucosio che per convenzione vale 100. Per calcolare l’indice glicemico degli altri alimenti, si fa assumere a volontari (sani e a digiuno) una porzione di cibo che contenga una quantità prefissata di carboidrati (da 10 a 50 g a seconda dell’alimento). Nelle 2 ore successive all’assunzione dell’alimento si misura la glicemia ogni 15-30 minuti e si disegna una curva di risposta a quel dato alimento.

8. L’intero procedimento viene ripetuto, sempre a digiuno, assumendo la stessa quantità del carboidrato di riferimento (il glucosio), e per ognuno dei volontari si costruisce la curva di risposta glicemica al carboidrato di riferimento. In questo modo si ottengono due aree (una per l’alimento da testare e una per il glucosio), intese come superficie sotto la curva della glicemia. L’indice glicemico dell’alimento da testare sarà semplicemente il rapporto fra le due aree moltiplicato per 100. La media di ciascun indice glicemico calcolato per ogni volontario rappresenterà poi l’indice glicemico dell’alimento.

9. L’indice glicemico, dando un’idea piuttosto precisa della velocità di assorbimento di quell’alimento, fornisce informazioni importanti rispetto al semplice dato che indica quanti carboidrati siano in esso contenuti. Le due informazioni combinate si riveleranno utili per determinare non solo la quantità di insulina da somministrare, ma, quando possibile, anche la sua modalità.

Dr Andrea Scaramuzza
Responsabile Endocrinologia, Diabetologia & Nutrizione Pediatrica presso ASST di Cremona