Il controllo glicemico intensivo riduce la mortalità

I pazienti che vengono sottoposti a un controllo intensivo della glicemia subito dopo una diagnosi di diabete di tipo 1 hanno maggiori probabilità di vivere più a lungo rispetto a quelli trattati in modo convenzionale. Lo evidenziano i risultati a lungo termine di un ampio studio osservazionale, pubblicato di recente su JAMA. 

“Questi risultati si basano su studi precedenti, che hanno suggerito come l’aumento della proteinuria sia largamente responsabile dell’aspettativa di vita inferiore delle persone affette da diabete di tipo 1rispetto a quella della popolazione geenrale” spiega uno dei coordinatori dello studio, Trevor Orchard, dell’Università di Pittsburgh, in un comunicato stampa dei National Institutes of Health, che hanno finanziato lo studio.

“Questi risultati sottolineano ulteriormente l’importanza di un buon controllo glicemico fin dall’esordio della malattia, perché ciò riduce il rischio di aumentare la proteina nelle urine in generale, nonché la nefropatia diabetica.”

Per arrivare a tali conclusioni, Orchard e i colleghi hanno condotto uno studio osservazionale di follow-up a lungo termine sul campione dello studio randomizzato DCCT (Diabetes Control and Complications Trial) durato dal 1983 al 1993), per valutare se vi erano differenze di mortalità tra i pazienti con diabete di tipo 1 sottoposti al trattamento  intensivo (711) e quelli sottoposti al trattamento convenzionale (730) in un arco di tempo di 6,5 anni. Il follow-up è stato condotto nell’ambito dello studio osservazionale EDIC (Epidemiology of Diabetes Interventions and Complication) fino al 31 dicembre 2012.

Nel periodo considerato, ci sono stati 107 decessi. Nel gruppo sottoposto al trattamento intensivo (finalizzato a raggiungere un valore di glicemia il più vicino possibile al range non diabetico in modo sicuro) si è registrato  minor numero di decessi rispetto al gruppo trattati in modo convenzionale (cioè con l’obiettivo di evitare l’ipolglicemia e l’iperglicemia sintomatica): 6% contro 8,8% (P = 0,045).

Gli eventi cardiovascolari sono risultati la causa più comune di morte (22,4%), seguita dal cancro (19,6%), dalle complicanze acute del diabete (17,8%) e dagli incidenti o suicidi (16,8%). Rispetto al gruppo trattato in modo tradizionale, in quello trattato in modo intensivo ci sono stati meno decessi dovuti a nefropatia diabetica, problemi cardiovascolari e cancro.

Il rischio di decesso è risultato associato alla presenza di albuminuria e di insufficienza renale terminale durante lo studio ed risultato più alto nei partecipanti con albuminuria (velocità di escrezione ≥40 mg/24 ore) rispetto a quelli valori normali (HR 2,2; IC al 95% 1,46-3,31) e in quelli con insufficienza renale rispetto a quelli con una funzione renale sufficiente (HR 8,51; IC al 95% 4,45-16,27). Anche livelli medi elevati di HbA1c sono risultati associati a un rischio più alto di mortalità (P < 0,001).

“Ora possiamo tranquillamente dire a medici e pazienti che un buon controllo glicemico della glicemia fin dall’esordio del diabete riduce notevolmente il rischio di mortalità nei pazienti con diabete di tipo 1, che di solito viene diagnosticato nei bambini e nei giovani ” afferma Orchard nel comunicato. “Questi risultati, inoltre, spazzano via qualsiasi preoccupazione persistente che un controllo intensivo della glicemia possa portare ad un aumento della mortalità.”

Writing Group for the DCCT/EDIC Research Group. JAMA. Association Between 7 Years of Intensive Treatment of Type 1 Diabetes and Long-term Mortality. JAMA 2015;313:45-53; doi:10.1001/jama.2014.16107.
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da PHARMASTAR