Diabete: l’opzione vegana

Che la dieta giusta sia il primo passo per difendersi dal diabete non è un segreto per nessuno. Oggi due ricerche, da poco uscite sul Journal of the American Dietetic Association, indagano i metodi migliori per riuscire a cambiare abitudini e a scegliere un’alimentazione adeguata: la prima conferma che un intervento educativo è necessario e che per ottenere risultati duraturi occorre insistere, perché cadere in qualche trappola «golosa» è più facile di quanto si creda; la seconda fa discutere, perché ipotizza che un dieta vegana (che esclude cioè la carne ma anche i prodotti di origine animale come latte, uova e formaggi) sia efficace per riportare nella norma l’introito di fibre, grassi e colesterolo e sia soprattutto gradita ai pazienti.

EDUCAZIONE – Il primo dei due studi, condotto su un centinaio di diabetici con diagnosi da almeno un anno, dimostra che un intervento educativo mirato a migliorare le abitudini alimentari e soprattutto imparare a gestire al meglio il consumo di carboidrati dà ottimi risultati nell’immediato, ma per mantenere i comportamenti virtuosi non basta. Dopo un po’ molti finiscono per ridurre il consumo di frutta, ad esempio, anche se continuano a mangiare latticini a basso contenuto di grassi e cercano di evitare troppi carboidrati. Per i risultati a lungo termine bisogna continuare a battere il chiodo, come conferma Gabriele Riccardi, docente di malattie del metabolismo dell’Università Federico II di Napoli e presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia: «Gli studi di prevenzione del diabete hanno già dimostrato tutto questo: ad esempio, una ricerca americana ha provato che è possibile mantenere uno stile di vita corretto a lungo, a prezzo però di avere spesso (una volta ogni 7-8 settimane) incontri coi medici. Tra l’altro, le linee guida della SID sottolineano l’importanza del ruolo del medico nel raccomandare scelte nutrizionali adeguate: se è solo il dietista a farlo, il paziente può percepire una sorta di “doppia verità” e associare il medico alla terapia con farmaci. Ma l’alimentazione corretta è di per sé una cura». La dieta consigliata ai diabetici, in fondo, non è molto diversa da quella che tutti dovremmo seguire. «In questo senso il paziente, che già è “facilitato” perché ha un serio motivo per mangiare meglio, può essere agevolato perché non è costretto a regimi alimentari particolari. E può perfino diventare un traino virtuoso per il resto della famiglia», osserva il diabetologo. «Il problema di cedere alle tentazioni però esiste: la colpa è anche dei messaggi che invogliano a scelte poco sane da cui siamo bombardati continuamente, così come delle condizioni al contorno che di certo non aiutano. Anche nel mio ospedale, ad esempio, i distributori automatici offrono cibi discutibili: un diabetico che vuole uno spuntino si trova costretto a sgarrare o rinunciare».

VEGANI – Esistono però regimi dietetici più “facili” da seguire e graditi ai pazienti? La risposta, secondo una ricerca apparsa a poche pagine di distanza sulla stessa rivista, potrebbe essere la dieta vegana. Sorprendente, in effetti, pensare che l’abbandono di carne, uova e latte venga preso così a cuor leggero da chicchessia. Invece gli autori statunitensi della ricerca ne sono convinti. Le prove starebbero nella sperimentazione che hanno condotto coinvolgendo 99 diabetici suddivisi in due gruppi, uno assegnato alla dieta vegana e uno a quella indicata dalle linee guida del 2003 dell’American Diabetes Association. Dopo un anno e mezzo i ricercatori hanno verificato che la dieta vegana, com’è prevedibile, aveva aumentato di più l’introito di fibre e diminuito maggiormente grassi e colesterolo rispetto all’altra; a parte questo, entrambe erano state seguite per tutto l’arco di tempo da un numero paragonabile di pazienti (il 90 per cento nel caso della dieta “standard”, l’86 per cento dei partecipanti nel caso della vegana); entrambe hanno ridotto la fame dei pazienti e sono state giudicate soddisfacenti. Unico neo a sfavore della vegana, la difficoltà di preparazione dei cibi (che però è sentita soprattutto all’inizio: con un po’ di pratica anche questo ostacolo scompare); dicendo addio alle proteine animali, invece, ci si “dimenticherebbero” prima i cibi grassi, che entro breve tempo diventerebbero magicamente poco appetibili. Possibile? «Bisogna precisare che la dieta messa a confronto con la vegana è in realtà abbastanza punitiva: riduce drasticamente i carboidrati e consente di mantenere una certa quantità di grassi, per lo più vegetali», spiega Riccardi. «Un regime simile è meno vario rispetto a quello adottato nelle successive linee guida statunitensi, che si ispirano ai principi che fondano anche le raccomandazioni SID. Noi, ad esempio, consentiamo 80 grammi di pasta al giorno: cambiarne il condimento significa avere una dieta varia, che non annoia ed è più facile da seguire. Questo può spiegare il fatto che i pazienti hanno accettato di buon grado la dieta vegana». Ma un’alimentazione che elimini del tutto la carne e le proteine animali è davvero consigliabile ai diabetici? «Un diabetico che scelga di essere vegano può farlo, a patto di essere seguito dai medici per integrare ad esempio il calcio, la vitamina D, la vitamina B», risponde Riccardi. «Detto ciò, la SID non consiglia una scelta di questo tipo, che è sicuramente estrema. I dati di questo studio ci dimostrano che di certo non è dannoso impostare la dieta privilegiando i vegetali e riducendo la carne: molti pazienti temono di andare incontro a problemi mangiando carne solo una volta alla settimana, il dato statunitense ci dimostra il contrario. L’enfasi su frutta e verdura a scapito della carne è perciò augurabile, ma la scelta vegana resta un’opzione del tutto particolare. Non è vietata, ma non è neanche la soluzione al diabete», conclude l’esperto.

 

 

di Elena Meli
da Corriere.it

13 febbraio 2009