Diabete di tipo 2, nessun legame tra DPP4-inibitori e scompenso cardiaco

Nei pazienti con diabete di tipo 2, non esiste alcuna associazione apparente tra ricovero in ospedale per insufficienza cardiaca o altri outcome cardiovascolari e un regime terapeutico costituito da un inibitore della DPP4 rispetto a quello con una sulfanilurea o un trattamento con saxagliptin rispetto a un trattamento con sitagliptin. Lo evidenzia uno studio osservazionale da poco uscito su Diabetes Care. 
Nell’introduzione gli autori, guidati da Alex Z. Fu, della Georgetown University di Washington, ricordano che mentre gli studi TECOS ed EXAMINE non hanno mostrato alcun impatto significativo dei DPP4-inibitori alogliptin o sitagliptin sulle ospedalizzazioni dovute a scompenso cardiaco, nello studio SAVOR-TIMI 53 i pazienti trattati con saxagliptin ricoverati per uno scompenso sono risultati più numerosi rispetto a quelli trattati con un placebo. I risultati discordanti di questi trial hanno generato una certa incertezza riguardo alla relazione tra i farmaci di questa classe e il rischio di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca. Non è chiaro, scrivono Fu e i colleghi, se il rischio è diverso nei diversi agenti della classe né se differisca tra i DPP4-inibitori e altre classi di ipogliocemizzanti. Finché non sarà completato lo studio CAROLINA, osservano i ricercatori, nessun trial su outcome cardiovascolari sarà in grado di dare indicazioni sulla sicurezza cardiovascolare dei DPP4-inibitori rispetto alle altre classi di ipogliocemizzanti.
In più, nessuno dei trial su outcome cardiovascolari fornirà dati di confronto testa a testa tra diversi DPP4-inibitori. Nell’attesa dei risultati dello studio CAROLINA e per dipanare, almeno in parte, quest’incertezza, Fu e gli altri ricercatori hanno eseguito uno studio osservazionale, nel quale hanno analizzato dati ricavati dalle richieste di rimborso estratte dai database delle assicurazioni Truven Salute MarketScan Commercial e Medicare. I pazienti individuati per l’analisi avevano iniziato un trattamento con inibitori della DPP4 – saxagliptin, sitagliptin e linagliptin – o sulfoniluree tra l’1 agosto 2010 e il 30 agosto 2013.  
I ricercatori hanno quindi confrontato gli inibitori della DPP4 con le sulfaniluree in un gruppo di 218.556 pazienti e saxagliptin con sitagliptin in un gruppo di 112.888 pazienti. I partecipanti sono stati ulteriormente divisi in gruppi in base alla presenza o meno di malattie cardiovascolari al basale. Quelli che non avevano malattie cardiovascolari al basale erano 82.019 nel gruppo trattato con un DPP4-inibitore, 82.019 nel gruppo trattato con una sulfonilurea, 43.402 nel gruppo trattato con saxagliptin e 43.402 nel gruppo trattato con sitagliptin; invece, nel gruppo che già al basale era affetto da malattie cardiovascolari, i pazienti trattati con un DPP4-inibitore erano 27.259, quelli trattati con una sulfonilurea 27.259, quelli trattati con saxagliptin 13.042 e quelli trattati con sitagliptin 13.042. L’outcome primario dello studio era il ricovero per scompenso cardiaco durante il follow-up, mentre gli outcome secondari comprendevano il ricovero per infarto miocardico acuto, il ricovero per ictus, il ricovero per angina instabile, la rivascolarizzazione coronarica e una combinazione di tutti questi outcome. Tra i pazienti che già al basale presentavano in anamnesi malattie cardiovascolari, i ricercatori non hanno trovato alcuna differenza statisticamente significativa nel rischio di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca tra quelli trattati con inibitori della DPP4 e quelli trattati con sulfoniluree (HR 0,95; IC al 95% 0,78-1,15). 
Invece, tra i pazienti che al basale non avevano malattie cardiovascolari si è trovato un rischio di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca significativamente più basso nei pazienti trattati con inibitori della DPP4 che non in quelli trattati con sulfoniluree (HR 0,59; IC al 95% 0,38-0,89). Nel confronto tra saxagliptin e sitagliptin, invece, la presenza o meno di malattie cardiovascolari al basale ha mostrato di non influire sul risultato. Non si sono trovate infatti, differenze significative tra i due farmaci in termini di rischio di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca né nel sottogruppo affetto da malattie cardiovascolari al basale (HR 0,95; IC al 95% 0,7-1,28), né in quello che non ne aveva (HR 0,99; IC al 95% 0,56-1,75). Per quanto riguarda gli outcome secondari, i pazienti trattati con un inibitore della DPP4 hanno mostrato rischi significativamente più bassi rispetto a quelli trattati con sulfoniluree (tutti P < 0,05). “Lo scompenso cardiaco non è raro tra i pazienti con diabete di tipo 2 e la scelta della farmacoterapia può avere un impatto su tale rischio” scrivono i ricercatori. ” Monitorare tutti i pazienti con diabete di tipo 2 per cogliere eventuali sintomi di scompenso cardiaco, come la dispnea e l’edema, è una parte importante della attuale pratica clinica. In questo studio osservazionale su pazienti con diabete di tipo 2, non abbiamo trovato alcuna associazione tra ricoveri ospedalieri per scompenso cardiaco o per gli altri eventi cardiovascolari selezionati e il trattamento con un DPP4 inibitore rispetto al trattamento con una sulfonilurea o il trattamento con saxagliptin rispetto al trattamento con sitagliptin” concludono Fu e i colleghi.

 

Alessandra Terzaghi

 

A.Z. Fu, et al. Association Between Hospitalization for Heart Failure and Dipeptidyl Peptidase-4 Inhibitors in Patients With Type 2 Diabetes: An Observational Study. Diabetes Care. 2016;doi:10.2337/dc15-0764.

 

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