Diabete di tipo 1 e obesità, molti benefici per i pazienti con tirzepatide off-label

Gli adulti con diabete di tipo 1 e obesità trattati con tirzepatide off-label in un contesto di reale pratica clinica hanno ottenuto miglioramenti nel controllo glicemico e una riduzione del peso corporeo a 6 mesi, come evidenziato da una relazione presentata al congresso 2025 della European Association for the Study of Diabetes (EASD).

«Abbiamo osservato benefici di vasta portata dopo l’inizio della terapia con tirzepatide, tra cui perdita di peso, miglioramenti nel time in range, riduzione dei livelli di emoglobina glicata (HbA1c) e riduzioni del fabbisogno insulinico» ha dichiarato il coautore Ahmed Iqbal, docente clinico senior e medico consulente dell’Università di Sheffield e dello Sheffield Teaching Hospitals NHS Foundation Trust nel Regno Unito. «È importante sottolineare che non si sono verificati aumenti dell’ipoglicemia ed episodi di pancreatite».

«L’insulino-resistenza è problematica nella gestione del diabete di tipo 1 e rende difficile per i pazienti adattare accuratamente l’insulina ai carboidrati e all’attività fisica. Riteniamo che tirzepatide abbia un effetto diretto sulla sensibilità all’insulina e un effetto indiretto attraverso la perdita di peso» ha spiegato. «Affrontare il rischio cardiovascolare nelle persone con diabete di tipo 1 e insulino-resistenza è un bisogno urgente insoddisfatto, che include la gestione con le cure standard di fattori di rischio come ipertensione, microalbuminuria e dislipidemia. Il nostro obiettivo era ridurre l’insulino-resistenza e affrontare i fattori di rischio cardiovascolare, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sul BMI».

Con tirzepatide ampia gamma di benefici nel diabete di tipo 1
I ricercatori hanno condotto un’analisi retrospettiva dei dati di 57 adulti con diabete di tipo 1 che hanno iniziato la terapia con tirzepatide presso gli Sheffield Teaching Hospitals tra marzo e ottobre 2024. Peso corporeo, HbA1c, parametri di monitoraggio continuo della glicemia e dose giornaliera totale di insulina sono stati raccolti al basale e a 6 mesi.

Prima di iniziare il trattamento i pazienti avevano un’età media di 39 anni, una durata del diabete di 20 anni, un BMI di 36,3 e una HbA1c del 7,7%. A 6 mesi, le dosi settimanali di tirzepatide erano di 2,5 mg in 9 partecipanti (18%), 5 mg in 37 (74%), 7,5 mg in due e un paziente assumeva rispettivamente 10 mg e 15 mg.

Tra i 33 adulti con dati disponibili, l’HbA1c è scesa dal 7,7% al basale al 7,4% a 6 mesi (P=0,008). Tra i 36 partecipanti con dati di monitoraggio continuo del glucosio (CGM) disponibili, il tempo trascorso nell’intervallo glicemico 70-180 mg/dl è aumentato dal 55,1% al basale al 62,3% a 6 mesi (P=0,022). Anche il tempo trascorso in un intervallo ristretto con glicemia compresa tra 70 e 140 mg/dl è aumentato dal 31,9% al basale al 38,2% a 6 mesi (P=0,004). Il tempo al di sopra dell’intervallo con glicemia superiore a 180 mg/dl è sceso dal 42,8% al basale al 36,3% a 6 mesi (P=0,042). Il tempo al di sotto dell’intervallo non è cambiato significativamente al follow-up.

I 42 adulti con peso corporeo disponibile al basale e a 6 mesi hanno ottenuto una riduzione media del peso del 9,3% con tirzepatide (P<0,001).

Nei 27 adulti con dati sulla dose di insulina disponibili si è verificata una riduzione del 25,2% della dose giornaliera totale dal basale a 6 mesi (P<0,001).

Gli eventi avversi più comuni riportati dai pazienti sono stati nausea e vomito (26,3%). Il dolore addominale è stato segnalato dal 14% dei partecipanti, con tre adulti che hanno avuto un ricovero ospedaliero non programmato con una durata mediana del ricovero di 1 giorno. A 6 mesi, l’87,7% dei pazienti stava ancora assumendo tirzepatide.

«Lo studio e i risultati del Regno Unito sono impressionanti e molto simili a quanto riportato in precedenti studi retrospettivi» ha commentato Jerry Greenfield, responsabile del Dipartimento di Endocrinologia e direttore dei Servizi per il Diabete presso il St Vincent’s Hospital di Sydney, in Australia. «Anche se non si tratta di uno studio RCT, i dati riflettono la pratica clinica reale sotto molti aspetti, quindi sono molto informativi».

Risultati da confermare con studi clinici più ampi
Come sottolineato dagli autori si tratta di risultati promettenti, anche se tirzepatide deve ancora essere valutato in studi clinici randomizzati e controllati su soggetti con diabete di tipo 1. «Sono necessari studi clinici più ampi per valutarne definitivamente la sicurezza» ha commentato Iqbal. «Tuttavia tirzepatide sembra essere una potenziale opzione nelle persone con diabete di tipo 1 con insulino-resistenza problematica, da considerare caso per caso con un’attenta valutazione dei rischi, in concomitanza con la consueta terapia insulinica.

Gli studi futuri dovrebbero anche valutare se i benefici del farmaco si osservano solo nei pazienti con diabete di tipo 1 e obesità o in un gruppo più ampio di adulti con diabete di tipo 1. «Riteniamo che si debba prestare particolare attenzione al suo utilizzo nei giovani adulti, considerata la possibilità di ridurre il rischio cumulativo in un periodo di tempo più lungo» hanno aggiunto.

Referenze

Berry SA, et al. Abstract #825. To be presented at: European Association for the Study of Diabetes Annual Meeting; Sept. 15-19, 2025; Vienna.

 

da Pharmastar

 

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