Diabete 2, 350 milioni i malati l’arma più efficace è la prevenzione

La realtà supera le più fosche previsioni. A tutt’oggi nel mondo si contano 350 milioni di diabetici con una proiezione che per il 2030 li raddoppierebbe fino a raggiungere quota 700 milioni. Numeri e dati di un’epidemia, ribadiscono gli esperti riuniti per il 71mo congresso dell’American Diabetes Association (Ada) in corso a San Diego fino a mercoledì. Un’epidemia che dilaga in modo silenzioso con una sintomatologia che spesso si manifesta tardivamente. Praticamente quando per il paziente sono sopraggiunte temute e gravi complicanze. 

L’Italia non sta messa meglio con i suoi cinque milioni di diabetici conclamati e gli oltre tre milioni che ignorano di esserlo. Il diabete, sia il tipo 1 (si instaura quando il pancreas – l’area degli isolotti del Langherans – non è in grado di produrre insulina e colpisce il 10 per cento della popolazione, soprattutto giovani), sia il tipo 2 (più diffuso e conseguenza di un’insufficiente produzione di insulina e di stile di vita scorretto) andrebbe diagnosticato il più precocemente possibile per ridurre mortalità e danni ad altri organi e apparati. Cosa che spesso non accade.

Per capire la portata del fenomeno, basta ricordare che nelle prossime 24 ore 55 diabetici diventeranno ciechi, 120 finiranno in dialisi, 230 dovranno sottoporsi ad amputazione non traumatica di gamba (causata da complicanza vascolare) e 810 moriranno. 

Ma a preoccupare è anche l’aumento dell’incidenza della malattia negli adolescenti, rivela il professor Ele Ferrannini, ordinario di Medicina interna e responsabile dell’unità del Metabolismo del Cnr a Pisa. E tra l’altro, per i giovanissimi, l’incremento riguarda il diabete 2, la forma che finora colpiva solo la popolazione adulta e anziana. “Il fenomeno è ormai manifesto negli Stati Uniti – chiarisce Ferrannini – e dipende in gran parte da un’alimentazione troppo ricca di grassi e bevande gassate e zuccherine”. E in Italia? Per ora non c’è questo allarme, risponde il docente, ma purtroppo “si stanno evidenziando I segnali di un percorso analogo. Ormai la dieta mediterranea sta diventando una chimera anche da noi, mentre ai bambini  viene concesso di mangiare ad ogni ora del giorno. Basta che chiedano e giù con merendine e fuoripasto, una cattiva abitudine che rischia di condurre all’obesità. E, tra l’altro, il peso che si raggiunge a 18 anni, diventerà stabile anche da adulti”. 

La guerra al diabete dispone di poche armi, ma al primo posto c’è la prevenzione che si basa soprattutto sulla dieta. Ma l’attenzione degli specialisti è puntata anche sui progressi della ricerca, sia dal punto di vista tecnologico che da quello farmacologico. Da anni si parla di pancreas artificiale come end point di un sistema capace di stimolare la produzione di insulina on demand e adesso, a San Diego, è stato presentato uno studio di un gruppo di ricercatori della Majo Clinic di Rochester che avrebbe quasi concluso l’allestimento di un pancreas artificiale finalizzato alla produzione di insulina a seconda delle esigenze (individuali e del momento) del paziente. 

Per elaborare un meccanismo di precisione, i ricercatori Yogish Kudva e Ananda Basu hanno valutato il consumo di glucosio durante i movimenti, anche quelli minori che sembrerebbero avere scarso significato e che invece influiscono comunque sul valore glicemico. Ed è la prima volta che uno studio misura l’attività fisica, anche minima, in relazione al livello di zucchero. I dati della ricerca dovrebbero poi essere utlizzati nel pancreas artificiale da sperimentare su un gruppo di volontari a novembre. 

Altrettanto in fermento il fronte farmaceutico, che da anni mira a individuare nuove molecole che riescano a tenere sotto controllo la glicemia senza rischiare l’ipoglicemia e l’aumento di peso. L’ultima arrivata sul mercato si chiama linagliptin ed è in fase tre di sperimentazione sull’uomo: approvata dall’Fda americana starebbe per avere l’okay definitivo anche dall’europea Ema. Il farmaco (prodotto da Boehringer Ingelheim e Lilly), a differenza delle cosiddette sulfaniluree, evita al paziente chili in più e non lo mette a rischio ipoglicemia.

Ma il fronte principale è la lotta all’obesità. Se si tratta di bambini, evitare punizioni ma vietare la tv in camera. E’ uno dei consigli dell’Institute of Medicine (Iom) statunitense che, per arginare la piaga dell’obesità infantile, ha redatto un elenco di raccomandazioni. Tra queste, il monitoraggio di chili e altezza da parte del pediatra; l’incitamento a svolgere assidua attività fisica distribuita in tutta la giornata e a non restare seduti per più di mezz’ora, e infine, invece di castigarli negandogli il gioco, privarli della tv. 

Al contrario se c’è da mettere a regime antidiabetico un adulto, uno studio britannico elaborato all’università di Bristol ha dimostrato l’efficacia di un severo rimprovero per tenere sotto controllo la malattia. La ricerca, pubblicata su Lancet e presentata al congresso, è stata condotta su 593 pazienti tra 30 e 80 anni distribuiti in due gruppi: nonostante entrambi a dieta, il miglior risultato è stato ottenuto dal gruppo che aveva ricevuto sei ore e mezza di raccomandazioni rispetto al gruppo indirizzzato per cinque volte a settimana a 30 minuti di cammino.

 

di Giuseppe Del Bello

 

da Repubblica.it Salute