Da un ormone intestinale una nuova promettente cura del diabete tipo 2

l nostro intestino produce due entero-ormoni: il glucagon-like peptide (GLP)-1 e il glucose-dependent insulinotropic polypeptide (GIP) che vengono anche chiamati incretine. Già da diversi anni era stato dimostrato che la risposta dell’insulina alla stessa quantità di zucchero è molto più alta se il glucosio viene assunto per via orale rispetto alla somministrazione endovenosa.

Il risultato di quello che è stato definito “effetto incretinico” è una glicemia più bassa e una risposta dell’insulinemia superiore di almeno due volte dopo assunzione orale rispetto alla somministrazione endovenosa del glucosio. Dato che l’effetto incretinico sulla secrezione di insulina è glucosio-dipendente, esso non si verifica se la glicemia è normale o ridotta e ciò evita l’ipoglicemia.

Il GLP-1 è prodotto dalle cellule L dell’ileo e del colon a partire dal proglucagone, il GIP dalle cellule K del digiuno. Il GLP-1, a differenza del GIP, oltre a stimolare la produzione di insulina, ha un effetto significativo nel rallentare lo svuotamento gastrico, riduce l’apporto di cibo, il peso corporeo, è un potente inibitore della secrezione di glucagone e aumenta anche la forza di contrazione del miocardio. Nell’animale da esperimento, inoltre, le due incretine hanno dimostrato effetti positivi sulla crescita e sopravvivenza delle beta-cellule pancreatiche e dati promettenti si stanno ottenendo anche in persone con diabete di tipo 2. Alla luce di questi dati è evidente che le potenzialità terapeutiche delle incretine e, in particolare, del GLP-1 nel diabete tipo 2 sono promettenti.

Tuttavia, l’impiego terapeutico deve fare i conti con la farmacocinetica del GLP-1 che ha un’emivita di poco superiore al minuto essendo rapidamente sottoposto a inattivazione proteolitica ad opera di una famiglia di enzimi: le dipeptidil-peptidasi (DPP)-IV. Ciò significa che per essere efficace il GLP-1 dovrebbe essere somministrato continuamente per via endovenosa. La ricerca farmacologica è riuscita a superare questo ostacolo pratico con tre diverse strategie. La prima riguarda la scoperta di una sostanza, estratta dalla saliva di una lucertola, l’exenatide, che ha un’omologia del 50% con il GLP-1 e un’emivita che consente la somministrazione per via iniettiva sottocutanea a intervalli di 12 ore.

Attualmente è in fase di sperimentazione clinica avanzata una formulazione ritardo di exenatide per la somministrazione settimanale.
Exenatide a causa delle differenze nella sequenza aminoacidica rispetto al GLP-1 induce in circa il 50% dei pazienti una risposta anticorpale che ostacola l’effetto terapeutico nei pazienti con titoli di anticorpi elevati.
La seconda strategia è stata la sintesi di analoghi del GLP-1.

Da poco è stato approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco il primo di questi analoghi: la liraglutide, che ha un’omologia del 97% con il GLP-1. Liraglutide si differenzia dal GLP-1 grazie a una sostituzione aminoacidica serina/arginina in posizione 34 e al legame con la lisina in posizione 26 di una catena di acido grasso a 16 atomi di carbonio. Queste modifiche facilitano il legame dell’analogo con l’albumina circolante e la resistenza all’azione delle DPP-IV, con un prolungamento dell’emivita della molecola.

Dopo iniezione sottocutanea, i livelli ematici di liraglutide sono stabili per 13 ore e il farmaco può essere somministrato via iniettiva sottocutanea ogni 24 ore. Attualmente anche per liraglutide è in studio avanzato una formulazione ritardo per una mono-somministrazione settimanale.

Inoltre, dati i positivi effetti dell’analogo sul peso corporeo, è in studio anche una formulazione del farmaco specifica per la terapia dell’obesità.

Liraglutide, a causa della sua stretta omologia con il GLP-1, non induce significativa produzione di anticorpi.
La terza strategia farmacologica si è concentrata sulla ricerca di sostanze in grado di inibire le DPP-IV che prevengono la degradazione del GLP-1.

Sono già in commercio in Italia due molecole: sitagliptin e vildagliptin e un’altra, saxagliptin, proprio in questi giorni sta per entrare nel mercato.

Gli inibitori delle DPP-IV, rispetto agli analoghi del GLP-1, hanno il vantaggio di poter essere assunti per via orale, sono lievemente meno efficaci nel migliorare l’emoglobina glicata e non hanno importanti effetti sulla riduzione del peso corporeo. Con le incretine si apre una nuova frontiera per la terapia del diabete di tipo 2.

Grazie alla stimolazione della secrezione insulinica in funzione della glicemia ambiente le incretine migliorano il controllo glicemico medio senza aumentare il rischio di ipoglicemie.

Inoltre, gli effetti extrapancreatici propri degli analoghi del GLP-1 e, in particolare della liraglutide, quali la riduzione del peso corporeo, della pressione arteriosa e il miglioramento del profilo lipidico, offrono importanti vantaggi per la prevenzione delle complicanze macrovascolari del diabete. Tra gli effetti collaterali degli analoghi del GLP-1 va segnalata la nausea che tende a ridursi con il proseguimento della terapia. Dato che le incretine non aumentano la secrezione insulinica se la glicemia è normale il loro uso è compatibile, senza rischi di ipoglicemia, con l’esercizio fisico ed è probabile che la combinazione stile di vita ottimale e incretine possa risultare una cura efficace a lungo termine nel diabete mellito di tipo 2.

 

di Pierpaolo De Feo

da Vivere il Diabete, anno 3 – numero 2

Rivista ufficiale della Società Italiana di Diabetologia (SID)