Controllo e complicanze

La cura del diabete è iniziata nel 1922, con l’insulina, ma ci sono voluti altri 80 anni per arrivare a delle conclusioni solide sui rapporti fra iperglicemia e complicanze.

Negli anni ‘20-’30, l’insulina ha salvato (e continua oggi a salvare!) milioni di vite umane. Si considera che nessun farmaco abbia mai salvato tante vite quanto l’insulina.
Con l’allungarsi della vita, però, i pazienti hanno purtroppo sperimentato patologie nuove: retinopatia, neuropatia, nefropatia (dette “diabetiche”). Fra gli anni ’50 e ’90 molti studiosi si sono divisi fra coloro che consideravano queste complicanze secondarie all’iperglicemia e quelli che invece le consideravano “genetiche” e cioè “co-ereditate” con il diabete e quindi non prevenibili. Oggi abbiamo la risposta a questo dilemma.

Nel 1993, lo studio DCCT ha dimostrato che che diabete di tipo 1, il buon controllo glicemico (A1C <7,0%) previene le complicanze di retinopatia, neuropatia e nefropatia nel 90% dei casi. Nel 1998, lo studio UKPDS ha dimostrato che nel diabete di tipo 2 il buon controllo glicemico dà benefici simili al diabete di tipo 1 e, in aggiunta, ha un’azione benefica anche sui “macrovasi” del cuore, cervello, arti inferiori.

Nel 2005, lo studio EDIC ha dimostrato che nel diabete di tipo 1 il buon controllo glicemico previene ictus, infarto, patologie arteriose agli arti inferiori.

Se si analizzano i risultati di questi 3 studi insieme, ne viene fuori il messaggio che il buon controllo glicemico è fondamentale nel diabete di tipo 1, in quello di tipo 2, per la prevenzione della micro- e macro-angiopatia.

Detto con altre parole, oggi sappiamo che:

-le complicanze sono prevenibili se la cura che mantiene un’A1C <7,0% è iniziata il 1° giorno della diagnosi di diabete di tipo 1, e possibilmente in una fase molto precoce del diabete di tipo 2;

-questa “cura” deve essere fatta a tutte le età, soprattutto nel bambino per proteggerlo dai rischi 10-20-30 anni dopo;

-non è tanto importante “come” si mantiene l’A1C <7,0%, ma il fatto che comunque l’A1C sia <7,0%. Ad esempio, schemi di terapia diversi possono essere validi, purchè l’A1C sia alla fine <7,0%.

L’appello ai pazienti affetti, ai pazienti a rischio e alla popolazione in generale è di prevenire il diabete di tipo 2, di cercare una diagnosi precoce di diabete e, se diagnosticato, di trattarlo in modo aggressivo dall’esordio per mantenere l’A1C sempre <7,0%.

 

 

 

Prof. Geremia B. Bolli
Department of Internal Medicine,
Endocrinology and Metabolism
University of Perugia

 

16 maggio 2006