#ATTD 2024: giorno 4. La cronaca del Dr Andrea Scaramuzza

Si è conclusa sabato a Firenze la diciassettesima edizione del Advanced Technologies and Treatments for Diabetes, congresso che ha infranto ogni record precedente. Oltre 5300 partecipanti provenienti da 95 Paesi, 43 sessioni scientifiche fra incontri in plenaria, simposi e workshop, con oltre 150 presentazioni, 11 sessioni di comunicazioni orali per un totale di 92 presentazioni e ben 19 sessioni sponsorizzate dalle aziende, quasi 1000 abstract inviati (920 per la precisione).
E anche sabato non è stato da meno. La mattina si è aperta con una serie di simposi, dove si è discusso di utilizzo di sistemi automatici avanzati nei pazienti con tipo 2 e di come sia possibile disegnare una ‘clinica virtuale’ per seguire questo tipo di pazienti, si è parlato dell’importanza di tenere alla larga le iperglicemie, anche per un aumento del rischio di declino cognitivo e aumento del rischio di demenza, specie nei tipi 2, ma non solo, si è parlato di modelli operativi utilizzando il CGM. David Maahs (Stanford) ha parlato del 4T study, illustrando la possibilità di garantire l’accesso al monitoraggio in continuo anche a chi ha meno risorse. Teamwork (lavoro di squadra), Target (obiettivi), Technology (tecnologia) e Tight Control (controllo stretto) sono le parole chiave. Ma si è parlato anche di come utilizzare i dati CGM per un miglioramento della terapia e dell’utilità di inserirli nella cartella clinica elettronica.
Fra le comunicazioni orali della mattinata segnalo quella di Claudia Piona sull’utilizzo dei sistemi automatici avanzati e della possibilità di prevenire gli eventi cardiovascolari grazie al miglioramento del controllo metabolico, e quella di Bruno Bombaci sull’associazione fra consumo giornaliero di carboidrati e controllo glicemico in chi utilizza i sistemi automatici avanzati. Nel pomeriggio invece Stefano Passanisi ha parlato del time in tight range in 854 bambini e adolescenti con diabete tipo 1. Un cut-off di TIR al 71.9% predice un TITR del 50% o più (questi dati sono stati recentemente pubblicati su Diabetes Technology and Therapeutics).
Due sessioni hanno suscitato il mio personale interesse, quella sugli screening e gli interventi di prevenzione e intervento e quella sulla nutrizione.
Emanuele Bosi ha nuovamente illustrato la legge che istituisce lo screening universale nei nostri bambini 1-17 anni e di come questa legge sia diventata punto di riferimento a livello internazionale. Laura Jacobsen ha invece affrontato un tema molto importante. La corretta selezione dei pazienti all’esordio è fondamentale per una risposta ottimale delle terapie che hanno l’ambizione di modificare il corso del diabete, che negli ultimi anni hanno cominciato ad essere utilizzati in studi di fattibilità. Non solo Teplizumab, insomma, e di Teplizumab ha parlato Jennifer Sherr, facendo un interessante aggiornamento dei vari studi in corso o già conclusi.
Nella sessione sulla nutrizione ci si è invece focalizzati sulla possibilità di fare a meno della conta dei carboidrati per un dosaggio ottimale dell’insulina preprandiale, e addirittura di poter fare a meno del bolo prandiale, lasciando tutto il lavoro al sistema. Non ci siamo ancora del tutto ma si stanno facendo passi avanti di grande interesse.
Grande interesse anche la relazione di Tadej Battelino sull’uso del CGM per lo stadio due del diabete (anticorpi positivi ma non ancora esordio clinico). Il CGM aiuta a identificare quelle traiettorie glicemiche che precedono l’esordio, permettendo di evitare esordi in chetoacidosi o in condizioni compromesse.
Altrettanto seguita la sessione sullo sport. Klemen Dovč ha brillantemente illustrato come alcune situazioni possano essere generalizzabili e come alcuni accorgimenti possano essere suggeriti su larga scala specie se si utilizza un sistema automatico avanzato. Mike Riddell ha raccontato i dati del Type 1 Diabetes Exercise Initiative, lo studio real-world più grande che valuta l’impatto dell’esercizio fisico sulla glicemia. Lo studio in realtà si divide in due tronconi, uno su pazienti adulti e uno sui bambini. I dati sono attualmente stati resi pubblicamente disponibili sulla piattaforma https://search.vivli.org e comprendono informazioni su svariate tipologie di esercizio fisico, frequenza cardiaca a riposo e in corso di esercizio, dosi e tipologie di insulina, dati CGM, alimentazione, sonno, e finanche dati genetici in oltre 500 adulti e 200 bambini. È facilmente comprensibile come l’accesso a questi dati possa essere di grande aiuto nel disegnare o ideare nuovi studi in questo settore. Si è parlato dell’uso di mini dosi di glucagone per prevenire le ipo in corso di esercizio e di come trasferire le linee guida in applicazioni pratiche per i pazienti con diabete tipo 1.
Interessante la sessione sulle differenze di genere nella gestione del diabete e di come le donne siano spesso poco considerate nelle loro esigenze specifiche, un esempio su tutti la gestione delle mestruazioni, argomento su cui c’è davvero poca attenzione.
Come sempre interessante la sessione JDRF sulla sostituzione cellulare nel diabete. Particolarmente promettente l’ingegnerizzazione delle beta-cellule per poter evitare l’immunosopressione in corso e dopo il trapianto. I dati preliminari dicono che siamo sulla strada giusta (quella dell’ultimo miglio), ma che come per tutte le cose complesse i tempi non saranno brevissimi (ma su questo aspetto della ricerca tornerò nei prossimi giorni con una “Pillola” dedicata).
Si è parlato di penne connesse, tipo InPen, ma non solo.
Nel pomeriggio i simposi erano dedicati all’obesità e al diabete tipo 2, all’intelligenza artificiale, alla telemedicina, e soprattutto a come garantire l’accesso a questa tipologia di cure nei paesi più poveri, dove spesso la tecnologia resta un miraggio.
Insieme ad Ivana Rabbone ho avuto l’onore di moderare il simposio italiano di questo ATTD nel quale si sono succeduti Marco Marigliano che ci ha parlato dell’importanza di valutare i cosiddetti PROs (patient related outcomes, risultati visti dalla parte delle persone con diabete o dei loro familiari), della validazione in italiano di CGM-SAT, uno strumento proprio mirato a rilevare la soddisfazione del CGM, e del rapporto fra soddisfazione e risultati glico-metabolici. Nicola Minuto ha parlato dell’uso dei sistemi automatici avanzati in corso di malattie intercorrenti (ci ritorneremo per una Pillola a parte). Sergio Di Molfetta ha invece parlato della grande utilità del CGM sia in fase diagnostica, ma anche e soprattutto per il monitoraggio dei pazienti con diabete tipo 2, sia insulino-trattati, ma soprattutto in coloro in terapia con ipoglicemizzanti orali o altre terapie non iniettive. Infine, il sottoscritto si è dedicato alla terapia nei bambini piccolissimi (meno di 7 anni), e anche su questo torneremo a breve con una Pillola ad hoc. Grande interesse suscitato da tutte le relazioni.
Il congresso si è chiuso con l’ultimo sessione plenaria dedicata alla cura del diabete, con le relazioni di Michael Haller, Jay Skyler e Michael Rickels che non hanno detto nulla che già non sapessimo, ma hanno rinnovato la fiducia nella scienza e nella ricerca, sicuri che la soluzione ormai è nel mirino. Ci vuole la pazienza necessaria perché questo si realizzi, e questa è la pazienza del ricercatore (e lo deve diventare anche della persona con diabete e dei suoi familiari).
A cura del Dr Andrea Scaramuzza Responsabile Endocrinologia, Diabetologia & Nutrizione Pediatrica presso ASST di Cremona