Il diabete, l’invalidità, e l’handicap secondo le norme

La legge n. 115 del 16 marzo 1987 è una legge-quadro, (la legge quadro, o legge cornice, dello Stato è una legge contenente i principi fondamentali che devono regolare una singola materia) e non contiene disposizioni precettive né sanzionatorie, ma semmai definizioni, enunciazioni e principi, che troveranno attuazione in altre forme di normazione. Demanda, in altre parole, per la concreta attuazione dei principi in essa contenuti, ad altri soggetti, istituzionali e non (quali Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, Regioni, e non ultime le Associazioni di Volontariato).

La legge n. 115 del 16 marzo 1987 non contiene alcuna definizione di complicanze né di complicanze invalidanti e né esclude che un diabetico non possa essere considerato invalido, sicché ogni riferimento (né clinicamente, né tantomeno giuridicamente) è inesatto.

L’unico richiamo alle complicanze è contenuto nell’art. 8 della Legge che testualmente recita:

“il diabete privo di complicanze invalidanti “non costituisce motivo ostativo al rilascio del certificato di idoneità fisica per l’iscrizione nelle scuole di ogni ordine e grado, per lo svolgimento di attività sportive a carattere non agonistico e per l’accesso ai posti di lavoro pubblico e privato, salvo i casi per i quali si richiedano specifici, particolari requisiti attitudinali”.

Affermare nell’ordine, che solo le complicanze determinano invalidità nel diabetico e che la persona con diabete non è disabile, non è esatto (né clinicamente né giuridicamente).

Invalidità è una cosa, disabilità (o handicap) è altra cosa.

Clinicamente, perché il requisito minimo per essere dichiarati invalidi è essere affetti da malattie e menomazioni permanenti e croniche, sia di natura fisica che psichica ed intellettiva che riducono la capacità lavorativa della persona in misura non inferiore ad un terzo (superiore al 33%).

Giuridicamente, perché i criteri per la determinazione della invalidità sono in un altro testo normativo, così come quelli per la determinazione dell’handicap.

Invero la (sola ed unica) tabella valida ai fini della valutazione del grado di invalidità è contenuta nel Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1992, ove la valutazione è organizzata per gruppi anatomo-funzionali, e dove ad ogni menomazione o deficit funzionale è assegnato un codice, una percentuale fissa oppure 2 valori di riferimento, il minimo ed il massimo.

Tra questi vi è il diabete.
Anche quello privo di cosiddette complicanze: 
9310 – DIABETE MELLITO INSULINO DIPENDENTE CON MEDIOCRE CONTROLLO METABOLICO E IPERLIPIDEMIA O CON CRISI IPOGLICEMICHE FREQUENTI NONOSTANTE TERAPIA (CLASSE III) da 51 a 60

Un soggetto diabetico, insulino-dipendente, con mediocre controllo metabolico…o con crisi ipoglicemiche frequenti nonostante la terapia può essere dichiarato invalido con una percentuale dal 51 al 60%.

Eppure non ha complicanze esterne alla malattia.

Quanto alla disabilità grave – e cioè l’handicap grave (spesso confuso con invalidità), soccorre un altro preciso dettato normativo.

E’ l’art. 3, comma 3, della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 denominata “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.” (Pubblicata in G. U. 17 febbraio 1992, n. 39, S.O.)

Esso testualmente recita:
“Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.

Ed è preceduto dal 1° comma dell’art. 3, che recita:

“E’ persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”

Non si esclude, letteralmente, alcuna patologia, né alcuna minorazione, ed il diabete non ne è esente se il soggetto diabetico, a causa del diabete, presenta l’handicap cioè è svantaggiato rispetto ad altri soggetti.

Infine, essere dichiarati invalidi o soggetti con handicap, anche grave, non è atto di ufficio, ma di parte.

E’ il soggetto o chi ne rappresenta legalmente la capacità giuridica (genitore o tutore) a farne domanda.

In una società plurale, democratica e sensibile alle diseguaglianze, negare queste evidenze – cliniche e giuridiche- può significare comprimere potestà e diritti del singolo, in nome di una pericolosa rincorsa a quella stessa “uguaglianza” che vorrebbe nelle intenzioni cancellare, paradossalmente, una manifesta ed innegabile “diversità”.

 

Avv. Umberto Pantanella