Le pillole del dr Andrea Scaramuzza: Il sensore glicemico potrebbe salvare la vita: Nuovi dati rivelano come prevedere le ipoglicemie gravi nei giovani.
Per chiunque gestisca il diabete di tipo 1, specialmente nei bambini e negli adolescenti, le ipoglicemie gravi e la chetoacidosi (DKA) sono paure costanti. Per anni, l’emoglobina glicata (HbA1c) è stata il principale indicatore del controllo glicemico, ma non sempre riesce a raccontare tutta la storia, soprattutto per quanto riguarda il rischio di complicanze acute.
Un recente studio pubblicato su Diabetes Technology & Therapeutics dal team di Lori Laffel del Joslin Diabetes Center ha voluto rispondere a una domanda cruciale: i dati che raccogliamo ogni giorno dai nostri monitoraggi continui del glucosio (CGM) possono aiutarci a prevedere questi eventi pericolosi?
I ricercatori hanno seguito 120 giovani tra gli 8 e i 17 anni con diabete di tipo 1 per 24 mesi, analizzando le metriche fornite dai loro CGM, come:
Time in Range (TIR): la percentuale di tempo passata nell’intervallo glicemico ideale (70–180 mg/dL).
Coefficiente di Variazione (CV): una misura di quanto la glicemia “oscilla”, ovvero la sua stabilità.
Cosa è emerso? I risultati sono importantissimi per la gestione quotidiana:
Il TIR è un predittore chiave: I partecipanti che trascorrevano meno del 45% del loro tempo nel range target avevano una probabilità più che doppia di subire un’ipoglicemia grave (un evento che richiede l’aiuto di un’altra persona per essere risolto).
La variabilità conta tantissimo: I giovani con una glicemia molto “instabile” (un CV superiore al 41%) avevano anch’essi un rischio raddoppiato di ipoglicemie gravi. Questo dimostra che non basta avere una glicata media buona, ma è fondamentale puntare alla stabilità.
Nessuna associazione con la DKA: In questo studio, le metriche del CGM non sono riuscite a prevedere in modo significativo il rischio di chetoacidosi o iperglicemia grave. Ciò potrebbe essere dovuto al numero limitato di eventi o al fatto che altri fattori (come i comportamenti di gestione) giocano un ruolo più grande.
Cosa significa questo per le famiglie e i team diabetologici?
Questi dati ci dicono che dobbiamo guardare oltre la semplice HbA1c. Analizzare regolarmente i report del CGM, prestando particolare attenzione al Time in Range e alla variabilità (CV), può diventare un potentissimo strumento di prevenzione. Identificare un TIR basso o un CV alto può essere un campanello d’allarme che permette di modificare la terapia, l’educazione o il supporto per ridurre il rischio di ipoglicemie gravi, migliorando la sicurezza e la tranquillità di tutta la famiglia.
La tecnologia ci offre strumenti incredibili, impariamo a usarli al meglio.
Dr Andrea Scaramuzza Responsabile Endocrinologia, Diabetologia & Nutrizione Pediatrica presso ASST di Cremona